Tornare indietro nel tempo di ben ventuno anni, per riscoprire la gioia di una prima volta che, poi, è diventata piacevole consuetudine. Vincenzo Nibali ha ricevuto due giorni fa la cittadinanza onoraria di Solarino: il sindaco Sebastiano Scorpo, con questo atto ufficiale, ha voluto così legare in maniera indissolubile il campione messinese alla terra che per la prima volta lo ha visto tagliare il traguardo a braccia sollevate.
Era l’agosto del 1998: un anno epico per il ciclismo italiano, col compianto Marco Pantani fresco vincitore, in pochi mesi, di Giro d’Italia e Tour de France. Mentre il Pirata scriveva indissolubili pagine di storia dello sport, quello che sarebbe diventato lo Squalo dello Stretto si affacciava alle competizioni con un atteggiamento che sarebbe rimasto immutato per tutta la sua carriera: umiltà e piedi per terra, ma anche una straordinaria consapevolezza dei propri mezzi, tecnici e mentali. Le pagine del libro Di furore e lealtà, biografia del ciclista peloritano scritta da Enrico Brizzi, evidenziano la storica giornata del suo primo successo nella categoria Esordienti.
«Mi accorsi – si legge nel racconto – che il circuito assumeva una certa pendenza, e lui (il baffetto, ndr) sembrò accusare quell’assaggio di salita. Allora, senza pensarci un attimo, mi alzai sui pedali, scartai dal gruppo e attaccai secondo una linea mia: quando ebbi lasciato tutti indietro, mi sedetti di nuovo e continuai a darci dentro a testa bassa. Ero al limite, ma non potevo cedere proprio ora: ci diedi dentro a tutto spiano, e quando tagliai il traguardo, papà aveva la guance rigate da lacrime di gioia. Passarono tre minuti e mezzo prima che arrivasse la prima pattuglia degli inseguitori. A quel punto – conclude Nibali – ero già al telefono con mia madre e le raccontavo della gara».
Una vittoria ottenuta con una semplicità disarmante, tra lo stupore generale: era appena sbocciato un campione. Lillo La Rosa, attuale team manager del Team Nibali, racconta a MeridioNews le grandi qualità dell’atleta. «Vincenzo me lo ricordo da quando ha cominciato a gareggiare. Lui è in primis – evidenzia l’intervistato – un corridore nella testa. Un uomo che, dal momento in cui si attacca il numero di gara sulla schiena, acquisisce una verve agonistica incredibile: per non portare avanti una competizione deve stare veramente male. Si tratta – afferma con orgoglio – di un ciclista con la C maiuscola, esempio per tutti i giovani».
L’idea di una squadra che valorizzi i ragazzi che si approcciano al ciclismo, rilanciando così lo sport del pedale in Sicilia, nasce nel 2015: un progetto presieduto da Rachele Perinelli, moglie di Nibali, e guidato a livello tecnico proprio da Lillo La Rosa e dai direttori sportivi Giuseppe Cipriano e Marco Sgarrella. «Il ciclismo è una passione di famiglia – ribadisce La Rosa – anche mio padre è stato direttore sportivo. Alla base del Team Nibali c’è l’idea di dare ai ragazzi siciliani che si affacciano a questo mondo opportunità che difficilmente avrebbero. Con pochi mezzi – precisa il dirigente – riusciamo a far correre i nostri giovani atleti per svariati mesi l’anno al Nord, partecipando anche a gare in Francia e Spagna. Il segreto? Non avere la pretesa di guadagnare, mettendo tutte le risorse a disposizione dei ragazzi».
I continui impegni in giro per il mondo non permettono a Nibali di seguire di persona le sorti della squadra, ma l’interessamento è continuo. «Vincenzo deve fare il corridore – afferma La Rosa -. Abbiamo preferito non andare a disturbarlo nel ritiro della Trek Segafredo (la sua nuova squadra ha svolto un training camp sull’Etna, ndr) per evitare di togliergli tempo importante. Lui, però, ci è sempre vicino». A testimonianza di ciò, c’è un ricordo commovente. «Mi viene in mente – afferma il team manager – una sua vittoria da professionista affermato: quella di Sant’Anna di Vinadio (28 maggio 2016, ndr), quando al traguardo indicò il cielo ricordandosi di Rosario Costa, un nostro giovane corridore morto due settimane prima in un incidente stradale. Quel suo pianto liberatorio a fine gara – conclude La Rosa – ci fa comprendere quanto di buono ci sia dentro Vincenzo».
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