«Mi sembra che non sia il caso di fare esercizio di memoria, bisogna fare esercizio di cronaca». Tre decenni dopo la morte del padre, Claudio Fava lancia un appello ai cittadini riuniti davanti alla lapide che ricorda l'omicidio del giornalista, ma anche a tutto il Paese. «La denuncia di 30 anni fa resta una straordinaria e drammatica attualità», afferma. Molti i visi conosciuti tra i presenti alla piccola cerimonia, dal procuratore capo Giovanni Salvi al rettore Giacomo Pignataro. Guarda le foto
Via dello Stadio, 30 anni dopo Il ricordo di Fava nel luogo dell’assassinio
Quando la pioggia smette di cadere, Elena Fava si apre a un rapido sorriso che si estende agli occhi. Poi lo sguardo ritorna al muro davanti a lei, alla lapide voluta dagli studenti catanesi per ricordare il padre Pippo, giornalista antimafia ucciso trent’anni fa da Cosa nostra. Come ogni anno, ieri alle 17, il fondatore de I Siciliani è stato ricordato da familiari, amici e cittadini nell’ex via dello Stadio, nel luogo in cui venne raggiunto da cinque colpi di pistola, strada che oggi porta il nome del cronista. Un assassinio, quello di Fava, ordinato dal boss Nitto Santapaola per eliminare una voce che, inchiesta dopo inchiesta, diventava più pericolosa. Un mazzolino di rose gialle agganciate al solito occhiello, in alto, e quelle rosse portate dai nipoti e inserite nella corona d’alloro deposta nella mattina, in una cerimonia separata, dal sindaco Enzo Bianco con la giunta al completo.
Accanto ai soliti volti quest’anno ha fatto capolino anche qualche viso conosciuto. Da quello del procuratore capo Giovanni Salvi – presente negli ultimi due anni, dal momento della sua nomina – e del magistrato Amedeo Bertone, alla storica presenza del rettore dell’Ateneo di Catania, Giacomo Pignataro. Presenti anche gli assessori Orazio Licandro e Saro D’Agata e Nello Musumeci. E poi i membri della redazione, i suoi carusi, il figlio Claudio, Michele Gambino, Riccardo Orioles e Antonio Roccuzzo (sceneggiatore del film I ragazzi di Pippo Fava).
«In questa città, in questo Paese, molto deve ancora cambiare – afferma Claudio Fava – La denuncia di 30 anni fa resta una straordinaria e drammatica attualità. La qualità delle collusioni, delle complicità, dei silenzi e l’opacità che sono state denunciate 30 anni fa sono ancora parte della storia e della cronaca di questo Paese». Fava, vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia, invita dunque a seguire una strada più concreta: «Mi sembra che non sia il caso di fare esercizio di memoria, bisogna fare esercizio di cronaca».
Un appello raccolto già da tempo da Ester Castano, cronista 23enne che ha denunciato lintreccio fra ‘ndrangheta e politica nel Comune di Sedriano, in provincia di Milano, successivamente sciolto proprio per infiltrazioni mafiose. Alla giovane è stato assegnato il premio giornalistico Fava Giovani. «Ha un doppio significato – spiega – È un riconoscimento toccante per il lavoro che ho fatto in Lombardia, una regione ben distante dalla Sicilia geograficamente, ma a quanto emerso dalle indagini più vicino dal punto di vista politico e delle infiltrazioni criminali di quanto si creda». E poi c’è l’aspetto «emotivo. Le mie radici sono in questo lembo di terra, sono di origini siracusane, lo stesso angolo di Sicilia di Pippo Fava», spiega la giornalista. Castano sottolinea anche «il fatto di essere ritornata qui, dove è partito anche il mio amore per il giornalismo e l’inchiesta». Un mondo conosciuto dall’altra parte dell’Italia grazie alle pagine de I Siciliani e coltivato con la collaborazione con la rete dei Siciliani giovani.