Neanche i 40 e più gradi del pomeriggio palermitano riescono a fermare la manifestazione per il 19 luglio, giorno dedicato al ricordo della strage di via D’Amelio, dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. All’ombra dell’albero di ulivo piantato sotto quella che era l’abitazione della madre del giudice […]
Via D’Amelio, in centinaia per ricordare Borsellino. Schlein: «Lotta alla mafia passa anche da emancipazione sociale»
Neanche i 40 e più gradi del pomeriggio palermitano riescono a fermare la manifestazione per il 19 luglio, giorno dedicato al ricordo della strage di via D’Amelio, dove persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. All’ombra dell’albero di ulivo piantato sotto quella che era l’abitazione della madre del giudice ucciso da Cosa nostra, si accalcano persone di ogni età, tra cui tantissimi giovani. E mentre dal palco i familiari delle vittime di mafia lanciavano messaggi e tenevano viva la memoria dei loro cari, a colorare via D’Amelio anche tante personalità politiche, anche se a pesare di più sono state le assenze, come quella del sindaco Roberto Lagalla, del presidente della Regione, Renato Schifani e di Giorgia Meloni, presidente del consiglio, impegnata in un evento a Civitavecchia, che ha preso parte, per usare le sue parole alla «parte più istituzionale della giornata», quella della deposizione della corona di fiori alla caserma Lungaro.
Strette di mano e selfie anche per Elly Schlein, segretaria del Partito democratico, che ha assistito a buona parte della manifestazione in compagnia di una nutrita compagine Dem, dal segretario regionale Anthony Barbagallo all’ex vicesegretario Peppe Provenzano, passando per i deputati regionali, tra cui Antonello Cracolici, presidente della commissione parlamentare antimafia all’Ars. «Sono qui per ribadire il fermo impegno di tutta la comunità democratica nel contrasto a ogni forma di criminalità organizzata, alle infiltrazioni nell’economia, nella politica e nella società – dice Schlein – È una battaglia che non è solo di costruzione di strumenti giuridici, politici ma è una battaglia culturale che deve partire dalle scuole, dall’educazione e che deve tenere insieme la lotta per l’emancipazione sociale delle persone. La lotta contro le mafie non è disgiunta da quella che stiamo facendo per il lavoro di qualità, per il salario minimo, per contrastare la precarietà, perché la mafia si nutre della ricattabilità e noi invece dobbiamo fare arrivare prima la risposta dello Stato e delle istituzioni».
Immancabile anche la presenza di Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera. «Quello che sta avvenendo è molto inquietante – dice – Davanti a tutto questo non possiamo tacere: il concorso esterno in associazione mafiosa non può essere così cancellato, è uno dei pilastri fondamentali, i reati di abuso di ufficio, le intecettazioni sono necessarie, perché hanno permesso di individuare manovre, affari, personaggi vari. Ora, con il codice degli appalti, le porte si sono spalancate. Con questo Pnrr che arriva, le mafie vanno a nozze. Non dobbiamo dimenticarci che l’ultima mafia è sempre la penultima, perché nel codice genetico dei mafiosi c’è un imperativo: quello di sopravvivere, di riciclarsi. Noi dobbiamo capire se vogliamo continuare a combattere i sintomi o estirpare questo male alla radice. E la radice si estirpa con un impegno culturale, educativo e sociale».