Uomini di scorta, il libro sugli angeli custodi Un familiare: «Quel giorno in via D’Amelio»

Nel libro Uomini di scorta la giornalista e scrittrice palermitana Gilda Sciortino racconta la vita e i rischi che corrono i poliziotti delle scorte con il desiderio che le loro storie «escano dall’ombra e siano conosciute da tutti», spiega. «L’opinione pubblica – scrive nella prefazione al volume il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone – sa che sono poliziotti, carabinieri o finanzieri ma ignora i loro volti e i loro nomi; a stento vengono ricordati quelli dei ragazzi delle scorte massacrati a Capaci e in via D’Amelio. E invece ognuno di loro è una persona normale».

La presentazione dell’opera di Sciortino – edita da Officina Trinacria – si è svolta presso la sede della Fondazione Fava di fronte a un pubblico d’eccezione. Ad intervistare l’autore sono infatti i giovani membri della Fondazione Le città invisibili, l’istituzione no profit destinata all’educazione dei bambini dei quartieri a rischio di Catania e provincia presieduta da Alfia Milazzo. Molte le domande rivolte a Luciano Traina – fratello di Claudio Traina, poliziotto della scorta del giudice Paolo Borsellino morto nella strage di via D’Amelio – che ha accompagnato la scrittrice. I bambini e gli adolescenti conoscono bene le storie dei poliziotti della scorta dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e da tre anni suonano in un’orchestra a loro intitolata. «L’appuntamento odierno – afferma la presidente dell’associazione – si inserisce in un percorso di formazione sui valori dell’onestà, della coscienza civica e della giustizia».

«Qualche tempo fa non si poteva parlare di mafia perché si rischiava di essere ammazzati – afferma Gilda Sciortino – mentre oggi stiamo affrontando il tema alla presenza di bambini e forse questo ci deve far sperare che qualcosa stia cambiando». I bambini – circa cinquanta quelli presenti, alcuni dei quali accompagnati dai genitori – gestiscono il dibattito in maniera puntuale e con l’ingenuità tipica della loro età. Interrogano i presenti sulla nascita della mafia, sulla sua forza e sulla sua utilità sociale. Chiedono perché i poliziotti delle scorte accettano di rischiare la propria vita per difendere quella di altri, pongono domande sulla trattativa Stato-mafia e sui possibili metodi di lotta alla mentalità mafiosa. Alcuni hanno sperato di avere risposte sul mistero della cosiddetta Agenda Rossa di Paolo Borsellino.

Un ragazzino di dieci anni si spinge oltre, chiedendo una testimonianza diretta della strage di via D’Amelio. Luciano Traina lo accontenta, attingendo con evidente commozione alle sue personali memorie. «Quel giorno avevo visto mio fratello Claudio fino a poco tempo prima della strage perché eravamo andati insieme a pescare – racconta Traina – E, quando sono arrivato in via D’Amelio, speravo di vederlo, ma ho trovato solo brandelli di arti, puzza di carne bruciata e un disastro terribile». I cinquanta bambini presenti ascoltano esterrefatti e Traina conclude: «Vorrei vedere questi bambini crescere lontano dal grigio che ha caratterizzato le generazioni passate».

Grande la soddisfazione di Alfia Milazzo che però non nasconde la delusione nei confronti delle istituzioni cittadine che non sostengono il lavoro della fondazione no profit da lei gestita. «Nessun politico ci aiuta nel nostro lavoro, nella ricerca di una sede stabile o di un pulmino che possa accompagnare i bambini agli eventi che organizziamo e – continua – molti dei più piccoli non sono potuti essere presenti oggi proprio perché non avevano modo di raggiungere la Fondazione Fava che ci ha ospitati».


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