Università, sindacati versus Rettore «Recca ritiri le norme contro chi dissente»

Un’assemblea pubblica dell’Università molto partecipata quella indetta dai principali sindacati che si è tenuta ieri nell’aula magna del palazzo centrale dell’Università degli studi di Catania.

Tanti i punti all’ordine del giorno dell’assemblea sindacale che rientra nel quadro della settimana di mobilitazione nazionale dal 22 al 27 ottobre indetta da sindacati e associazioni studentesche e di categoria. L’accento è stato posto sulle problematiche nazionali legate soprattutto all’applicazione della riforma Gelmini, la legge di riforma universitaria 240 del 2010, considerata inapplicabile e pericolosa perché «sempre più funzionale ad una gestione iperburocratica e verticista degli atenei» secondo gli oppositori. Ma non sono mancati riferimenti al “caso Catania” a partire «dalla gestione personale dell’ateneo da parte del rettore Antonino Recca» che lamentano ormai da anni i componenti del Coordinamento unico d’Ateneo (Cuda) e gli studenti del Movimento studentesco fra gli altri. Ma il tema caldo, com’era prevedibile, è stato quello delle recenti Linee guida comportamentali decise dal Consiglio d’amministrazione dell’ateneo catanese, con «l’istituzione di un vero e proprio reato d’opinione» secondo il ricercatore di Letterature Comparate, Attilio Scuderi.

E proprio questo è considerato il punto pregiudiziale di una contrattazione considerata necessaria. «Recca deve ritirare il provvedimento, altrimenti che credibilità ha? Non fanno bene al dialogo minacce di querele o regolamenti che zittiscono», afferma Alberto Civita, rappresentante nazionale della Uil – Rua.

Che il rettore ceda, però, è poco probabile. Intervenuto in assemblea ha auspicato che gli ultimi mesi da Magnifico che gli rimangono «non vengano contrassegnati da un muro contro muro» e si è detto disponibile al dialogo, a trattare, ma non a revocare il provvedimento. «Parliamo per vedere quali modifiche apportare per poi riproporre la questione al Consiglio d’amministrazione», dice. Ma a domanda diretta – «Lo revoca?» – non risponde.

D’altra parte, Recca si dichiara disponibile a trattare con i sindacati, che ha convocato per il prossimo sette novembre per discutere della questione dei quattordici lavoratori ex Coem e Marketing Sud. Assunti dall’amministrazione universitaria in virtù di un protocollo d’intesa con le parti sociali siglato in Prefettura nel 2007, adesso sono in scadenza di contratto e senza certezze sul futuro. Ma soprattutto il Magnifico annuncia la richiesta d’intervento del prefetto di Catania, Francesca Cannizzo, «affinché possa indicare all’Ateneo tutti gli strumenti giuridici utili a procedere nel percorso di stabilizzazione di tali lavoratori», afferma il rettore.

L’assemblea ha chiesto anche la ricollocazione negli organici dell’ateneo del personale tecnico amministrativo del policlinico universitario (passato sotto l’Asp) e che questo sia pienamente riconosciuto all’interno del comparto università. «Viviamo nell’incertezza del futuro e vogliamo tornare nella nostra casa che è l’Università», dice una delle dipendenti, Adriana Aloisi. Altra richiesta è quella del blocco delle procedure di restituzione di parte degli stipendi degli ultimi due anni da parte dei lettori di lingua e che si definiscano il loro impegno e lo stato giuridico. «Ci sentiamo discriminati, offesi, e arrabbiati», afferma Jane Harkess, lettrice di inglese.

Infine, i lavoratori dell’Ateneo Catanese auspicano un intervento sindacale anche in merito alla retribuzione della didattica aggiuntiva per i ricercatori  e al reclutamento reso impossibile dal blocco del turn-over per il personale docente e ricercatore. «L’Università a Catania è retta per il 71 per cento da precari e questa legge condanna ad un precariato perenne e non concede loro rappresentatività», dichiara Chiara Rizzica, ricercatrice in architettura. Nello specifico, i ricercatori rivendicano che le ore di didattica siano retribuite sin dal primo credito, nonché la sospensione della trattenuta sul Tfr applicata ai dipendenti del due e mezzo per cento restituendo, al contempo, il pregresso prelevato in busta paga.


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