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L’università di Cosa nostra e lo stage al picciotto per imparare a chiedere il pizzo. «Sii umile: se semini, raccogli»

Il 27 aprile 2023, poco dopo le 17, tre persone si incontrano in piazza Barbarino Costanzo, non lontano da corso Calatafimi, a Palermo. C’è Vincenzo Cascio, un «picciuttieddu» con qualche precedente per spaccio; il 71enne d’esperienza Giuseppe Marano, che sembra essere il suo mentore; e un 47enne, Paolo Suleman, che secondo le forze dell’ordine è il reggente della famiglia mafiosa di quella zona del capoluogo siciliano. Prima di andare al cospetto di Suleman, il veterano raccomanda al suo allievo due cose: mettere da parte il telefonino e osservare, con estrema attenzione, il suo modo di relazionarsi. «Vieni qua che ti insegno – gli dice – Tu senti parlare me». Niente interruzioni ma solo una buona dose di umiltà e la scaltrezza di lasciare l’ultima parola, sempre e comunque, al proprio interlocutore. «Man mano che vai camminando, devi essere umilescaltro – insiste rivolgendosi al giovane – Fai parlare sempre a lui, l’ultima versione è la sua».

Raccomandazioni fondamentali per non incorrere negli errori degli allievi che lo hanno preceduto. Come quel giovane «troppo accelerato» e dai modi esuberanti. Due aspetti poco apprezzati dentro Cosa nostra, se l’ambizione è quella di entrare nei ranghi dell’organizzazione mafiosa. La storia di questi tre uomini e del loro incontro fa parte di una sorta di lezione di mafia ed è contenuta nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’esecuzione di 181 misure cautelari nel capoluogo siciliano e in alcuni località della provincia. Non solo droga, armi, estorsioni e commissioni provinciali di Cosa nostra da ricostituire, senza successo, ma anche la formazione mafiosa di un ragazzo, noto nel quartiere per l’attività del padre – titolare di una macelleria usata, secondo i magistrati, anche come luogo di incontri riservati tra boss – ma anche per la parentela con un sodale, già inserito nella famiglia mafiosa di corso Calatafimi a sua volta facente parte del mandamento di Palermo-Pagliarelli.

Gli inquirenti sono riusciti a intercettare non solo le raccomandazione precedenti all’incontro tra Cascio e Suleman, ma anche il faccia a faccia, durato circa mezz’ora, tra il ragazzo e il presunto reggente, appellato in segno di rispetto come zio. «Tu siggi (incassa, ndr) – spiegava Suleman – e non rispondere a nessuno». Poi ancora raccomandazioni da parte del mentore al termine del colloquio: «Con me, meno ti ci puoi vedere e meglio è… apriti gli occhi che, se semini, raccogli». Qualche giorno dopo, tuttavia, Cascio e Marano tornano a vedersi e così anche nelle settimane successive. È l’ora del corso pratico, con un tour del quartiere in bicicletta elettrica, per individuare i commercianti ai quali chiedere il pizzo. L’ultimo capitolo del vademecum mafioso con la vera e propria richiesta di messa a posto.

Tra le attività individuate dal 71enne ci sarebbe stato un negozio di abbigliamento inaugurato soltanto qualche giorno prima. L’attività era gestita da una donna, ma l’interlocutore per le richieste di denaro sarebbe dovuto essere un uomo. «Ci deve essere lui però», raccomandava Marano al picciotto, aggiungendo anche di fare attenzione alle telecamere di una banca che si trovava vicino al negozio. Alcuni giorni dopo, secondo gli inquirenti, un altro tentativo di estorsione avrebbe riguardato un’azienda impegnata nei lavori di ristrutturazione di una bottega. Dopo alcuni giri di perlustrazione e la raccomandazione di consegnare il cellulare prima di andare, la giovane leva avvicina una persona. Salvo poi scoprire essere soltanto un elettricista. «Domani mattina – racconta a Marano subito dopo, rimandando l’appuntamento – Non è il muratore». Il veterano non apprezza la risposta: l’aspirante esattore del pizzo non ha superato l’esame, in quanto avrebbe comunque dovuto spiegare il motivo della sua visita in cantiere. «Tu gli dovevi dire “Gli dici che si mette apposto“». Mai sprecare un’occasione, insomma, quando ormai ci si è esposti.

A occuparsi del tirocinio mafioso del giovane, però, non sarebbe stato sempre Marano. Gli inquirenti, a un certo punto di questa vicenda, notano come l’uomo abbia deciso di farsi da parte – a quanto pare preoccupato per un imminente arresto, poi avvenuto a inizio marzo del 2024. Ma la formazione di Cascio non si sarebbe interrotta, poiché prontamente affiancato da Rosario Lo Nardo, 42 anni. Nuovo referente mal digerito dall’aspirante esattore in quanto poco protettivo, piuttosto incline a mandare il giovane in avanscoperta nei tentativi di messa a posto. «Mi vogliono mettere nella bocca del lupo – si lamentava Cascio con il padre – In tutti i posti avvermicati (con microspie, ndr) mi ci fanno andare a me. In tutti!».


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