Una via Catalana per la Sicilia? La parola agli indipendentisti

Oggi è dunque il grande giorno per la Catalogna: giorno  in cui una catena umana lunga oltre 400 km unirà il nord al sud della Paese  per ribadire il diritto all’autodeterminazione, il diritto all’Indipendenza. Per tracciare quella via catalana da cui non si torna indietro.  Del significato di questa giornata vi abbiamo parlato in questo articolo scritto  da un nostro lettore nato e cresciuto a Valencia e di padre Siciliano.

Quello che è certo è che l’eco di questo evento, ad un anno esatto dalla grande manifestazione che portò nelle piazze di Barcellona due milioni di persone, è già arrivato  fino alla nostra martoriata terra di Sicilia dove il fuoco indipendentista non si è mai spento. Ma dove ancora i tempi non sembrano maturi. Oggi è il giorno in cui i siciliani veri si chiederanno “perché noi no?”

Abbiamo rivolto questa domanda ad alcuni indipendentisti siciliani, di lungo corso e di nuova generazione.

Cominciamo con Santo Trovato, presidente dell’associazione indipendentista ‘Siciliani in Movimento’ che ha sottolineato differenze e similitudine tra aspirazioni siciliane e catalane:

“La Catalogna divenne regione autonoma nel 1931, ma nel 1939, con la presa di potere di Franco, l’autonomia venne soppressa. Dopo la morte di Franco, con la nuova Costituzione spagnola, la Catalogna divenne una delle Comunità Autonome all’interno della Spagna. Così come l’Autonomia siciliana subì sin dal suo nascere il boicottaggio da parte dello Stato italiano, anche l’Autonomia Catalana fu motivo di frizioni con il governo di Madrid.

In Catalogna, pur tra le miriadi di cavilli avanzati dagli azzeccagarbugli dello Stato centrale (così come avviene per la Sicilia ad opera della Corte Costituzionale italiana), però vi fu, rispetto alla Sicilia, una maggiore resistenza da parte delle istituzioni e dei politici catalani che si concretizzò in un rinnovato sentimento nazionale. Moltissima importanza fu data alla scuola, dalle prime classi fino alle università, alla lingua (a tutt’oggi, in tutta l’istruzione pubblica, dalla scuola primaria all’università, la lingua veicolare dell’insegnamento è il catalano) e al mantenimento delle tradizioni catalane, oltre ad aver istituito una propria forza di polizia.

L’Autonomia Siciliana, invece, dopo un primo decennio di buoni risultati, subì il colpo mortale con la “sepoltura in vita” dell’Alta Corte per la Sicilia e con il fenomeno del “mercenariato” della politica e della borghesia siciliana connivente e complice della colonizzazione politica, economica e culturale dell’Isola (tutte lobby che hanno fatto fortuna e vanno a braccetto con il sistema italiano).”

“L’enorme differenza che distingue la Catalogna dalla Sicilia – dice a LinkSicilia Trovato – è che la prima gode di un PIL procapite superiore a quello della Spagna ed è considerata, assieme a Baden-Württemberg, Lombardia e il Rodano-Alpi, uno dei “quattro motori dell’Europa“, mentre i siciliani, con PIL procapite/abitante inferiore al 50% rispetto al nord italiano e con una disoccupazione che supera il 40%, per la loro sopravvivenza sono costretti al ricatto politico/mafioso che alimenta il clientelismo dei mercenari al soldo dei partiti nazionali.”

Perché in Sicilia non succede ciò che sta succedendo in Catalogna?

“Perché succederà quando ci sarà una nuova generazione di politici siciliani e ciò avverrà quando il cordone ombelicale con Roma sarà interrotto e il politico siciliano “si po’ cuccari sulu a Palermu” e non avrà fuori dai confini della Sicilia nessun padrone a cui poco interessa delle nostre sorti (anzi, come abbiamo visto in questi ultimi 150 anni, l’unico interesse avuto è stato quello di spogliarci e di mungerci come di fa con una vacca) solo allora una “nuova generazione di politici siciliani” potrà fare gli interessi dei siciliani.”

Sfiducia e disappunto nella voce di Rosa Cassata, da anni impegnata anche lei in questa ricerca di coesione fra i gruppi che mirano all’indipendenza, con il suo Movimento Sicilia Libera ha partecipato alle Giornate Internazionali di Corti (2-3-4 Agosto) mettendo sul tavolo la questione Siciliana intesa come questione di sovranità nazionale che trova nella questione Corsa la medesima rispondenza. E come rappresentanza diplomatica di cortesia, è stata accreditata dalla nostra ambasciata, il prossimo 21 settembre, ad Edimburgo, insieme allo stesso Santo Trovato.

“Io non ho mai partecipato alle manifestazione dei Catalani – dice Rosa Cassata – anche se conosco alcuni loro rappresentanti, La loro situazione è diversa dalla nostra. I Catalani sono dotati di una forte identità linguistica e culturale a differenza nostra loro parlano la lingua catalana e non lo spagnolo e la loro lingua, viene insegnata nelle scuole. Anche se esistono 2 fronti di diversa ideologia politica, entrambe puntano allo stesso fine cioè l’indipendenza. I siciliani invece non hanno ancora capito che è l’unione a fare la differenza. Ti faccio un esempio che mi tocca molto da vicino. Con il movimento di liberazione avremmo le carte in regola per autodeterminarci e invece che succede? Qualcuno si inventa un comitato per l’autodeterminazione, altri, addirittura parlano di monarchia, altri ancora pensano soltanto ad avere eletto un consigliere comunale. Troppe gelosie e troppi orticelli da coltivare… tutto questo è estremamente deprimente…”.

La parola adesso ai più giovani.  Ad Elisa Tomaselli,  indipendentista da anni, nonostante la giovane età, abbiamo chiesto cos’è oggi l’indipendentismo in Sicilia.

“Le antiche forze dell’indipendentismo siculo non hanno mai voluto aprirsi ad un pubblico ampio di giovani, coinvolgendo i piu’ piccoli con racconti e tradizioni di cui la cultura siciliana sicuramente non è priva.

Basti guardare da Trapani a Messina per ammirare tutto un fiorire di linguaggi, usi e costumi che non hanno riscontro in nessun altra zona dello stivale. Siamo un popolo “a parte” vessato da anni di supremazia economica, eredità avuta in dono da quella massoneria garibaldina che tanto si vantava di essere venuta a liberare gli inermi. I garibaldini non ci portarono via soltanto il nostro oro, in realtà fecero man bassa di quanto piu’ prezioso avevamo, la nostra “coscienza”.

“Questa coscienza  è rimasta in alcuni spiriti ma si è come piegata, deviata, facendo divenire anche lo spirito patriottico del “triscele”, una forma di massoneria chiusa elitaria, frammentata in migliaia di rivoli, dove nutrire l’ego di questo o quel capo: non era questo che sognava il giovane professore Canepa”.

Già il giovane professore Canepa.

La storia dei vinti racconta che Canepa, fondatore dell’Evis, arrivò a decidere di mettere in gioco i suoi possedimenti, la sua carriera universitaria e pure la sua vita insieme a pochi fedelissimi, alcuni dei quali trovarono la morte in un bagno di sangue nelle campagne di Randazzo, a Murazzu Ruttu, quel maledetto 17 giugno del 1945.

Ma la storia dei vinti non si impara sui banchi di scuola e siamo d’accordo con Elisa quando ci dice che “sono queste le storie che dovrebbero essere raccontate ai nostri ragazzi, per renderli pronti, orgogliosi e non chini e proni come impone il sistema centrale a cui non riusciamo a sottrarci.”

Dunque tu ritieni che oggi si possa parlare di “indipendentismo” in Sicilia?

“Assolutamente si, ma a patto che se ne cominci a parlare davvero e non “sussurrare” dietro finti cappucci da cospiratori. Indipendentismo deve essere per tutti, orgoglio di essere siciliani! Anche quando si ci confronta con gli altri, forti della nostra storia, cultura e carattere. I giovani devono partire da questa certezza – conclude Elisa – per tentare di ricostruire una propria coscienza, un proprio futuro, scacciando dall’isola, chi sta cercando in tutti i modi di distruggerla perchè noi siamo siciliani ed in fondo tutti, dentro di noi, lo sappiamo benissimo e ne andiamo orgogliosi..”

Lo sappiamo, i Siciliani giovani di oggi hanno carattere, vivono e affrontano i problemi che la vita pone loro in maniera diversa dai loro genitori, dai loro avi, i giovani di oggi sono intraprendenti mettono tutto in discussione, e se non c’è niente per loro sanno arrangiarsi come non mai.

Anche Davide Konon Cinquemani, giovane filologo e musicista, innamorato delle tradizioni siciliane condivide l’idea di Elisa.

“È bene partire dalla storia dell’Unità nazionale – dice a LinkSicilia – e scrivere una pagina non ancora scritta. Quella pagina che riguarda la ferocia che mise a ferro e fuoco l’Italia meridionale, le esecuzioni che seppellirono vivi i contadini che scrittori salariati tentarono di infamare col marchio di briganti. Briganti erano i contadini, le genti dei paesi di Bronte, Randazzo, Castiglione, Regalbuto, Centorbi. L’’indipendenza inizia li, quando i “briganti” insorsero contro le classi più abbienti dei loro rispettivi paesi, invocando e reclamando le terre che Garibaldi aveva fintamente promesso loro pur di far proseliti.”

Chiediamo a Konon, è’ possibile realizzare un progetto indipendentista in Sicilia?

“Secondo me no, i Siciliani non siamo gli spagnoli. Si potrebbe e si dovrebbe tentare peró; l’indipendentismo siciliano è un racconto lasciato a metà. A me piacerebbe vedere riconosciuto il nostro “Statuto”, ma le direttive nazionali sono sempre più forti delle nostre priorità.

Arriviamo sempre dopo degli altri… Non voglio parlare del regno delle due Sicilie, e la macchina “perfetta” che ha preceduto l’unità d’Italia…dico però che la Sicilia è altro dall’Italia, una specificità Che andrebbe riscoperta, affermata, riconosciuta e difesa”.

 

Ndr. Abbiamo cercato di contattare altri nomi celebri dell’indipendentismo siciliano. Finora senza successo. Invitiamo i siciliani ai quali sono cari questi temi ad inviare le loro riflessioni a linksicilia@gmail.com

 

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