La videoinchiesta di una giovane studentessa di giornalismo dell'Università di Urbino sull'emergenza abitativa a Catania. Un viaggio tra case che crollano a pezzi, sovraffollamento, topi, scarafaggi e tanta muffa. Le case popolari? Non se ne consegnano più dal 2006. E le domande inevase sono circa 15mila, molte presentate sette o quindici anni fa
Un rudere di città
L’emergenza abitativa a Catania non è solo a Librino col suo ormai tristemente noto Palazzo di Cemento ma riguarda tutta la città, da Santa Maria Goretti al porto, da Angeli Custodi a San Cristoforo. Case che crollano. Famiglie che vivono in promiscuità. Topi, scarafaggi e tanta muffa. Vivono così migliaia di persone: per la casa popolare sono circa 15mila le domande ancora insoddisfatte, molte presentate sette o quindici anni fa.
Comune e Istituto autonomo case popolari non consegnano nuove case dal 2006. Ma a cosa ambiscono i cittadini che hanno chiesto l’alloggio? Anche i casermoni di edilizia sociale sono degradati: perdono pezzi, gli ascensori si guastano in continuazione, le fognature non funzionano. E poi c’è l’incuria di alcuni inquilini che buttano la spazzatura negli spazi comuni e non pagano nè affitto nè quote condominali. Altri tengono chiusa la casa e cercano persino di rivenderla, mentre gli abusivi occupano gli alloggi che rimangono vuoti o i palazzi ancora incompleti.
*Chiara Zappalà, laureata in Lingue e Letterature Straniere nel nostro Ateneo, già collaboratrice di Iblalab, frequenta l’Istituto alla Formazione al Giornalismo dell’Università di Urbino. Questa è la sua inchiesta di fine corso.