Proteste in tutta Italia questa mattina contro i test Invalsi nelle seconde classi degli istituti superiori. «Valutati, non schedati!» è lo slogan comune. Non piacciono proprio agli studenti le prove introdotte pochi anni fa allo scopo di valutare i livelli di apprendimento dei ragazzi e anche a Catania non sono mancati i dissensi. Alcuni studenti iscritti all’istituto tecnico industriale Archimede, infatti, si sono incatenati al cancello di ingresso principale, quello che si affaccia sul viale Regina, rifiutandosi di svolgerli.
«Si tratta di valutazioni statistiche della scuola volte a fare una classifica di serie A e di serie B. A questo dobbiamo aggiungere che sono uguali per ogni scuola senza tenere in considerazione lindirizzo o il contesto sociale, né eventuali disabilità dei ragazzi. Un dislessico, ad esempio, ha lo stesso tempo di un normo dotato per svolgerlo», lamenta uno degli incatenati, Giuseppe Pecora. «Inoltre non sono anonimi, ma contrassegnati con un codice a barre che corrisponde al codice che ha ognuno di noi sul registro. In più, se è vero che la scuola è obbligata a proporceli, noi non siamo obbligati a farli e invece non solo questa mattina hanno cercato di convincerci, ma hanno anche minacciato provvedimenti in caso contrario», aggiunge Giuliana Messina.
«Oggi la scuola sembra che si sia trasformata in un carcere dove ci è stato impedito di dichiararci in autogestione e poi anche di uscire dallistituto», dicono Gabriele Pappalardo, Simone Palla e Leonardo Distefano. «Ci siamo rifiutati di svolgere il test e, dopo che siamo usciti dalla classe, ci hanno impedito di rientrare o spostarci verso il cancello per dimostrare la nostra solidarietà a chi era fuori. Potevamo solo andare in bagno», spiega Pappalardo. «Appena abbiamo potuto, però, siamo usciti ed eccoci qui», aggiunge Palla.
«Non siamo noi ad avere segregato loro, ma al contrario. Stanno bloccando il portone dingresso mettendo a rischio la sicurezza», dichiara la preside dellistituto, Fortunata Vetri che rimanda al mittente le accuse. Non solo. La docente spiega che non è corretto il concetto secondo cui i ragazzi non sono obbligati a svolgere tali test. «Rientrano nellattività ordinaria scolastica quindi nelle funzioni dei docenti spiega Anche se decisi a livello ministeriale, sono paragonabili a un compito in classe». In riferimento al fatto che i ragazzi non hanno potuto uscire dallistituto, poi, non ha dubbi. «E impossibile, sono minorenni e non posso farli andare in giro senza avere il controllo della situazione. La scuola è unistituzione pubblica ed io devo applicare le norme così ho chiamato i genitori perché li vengano a prendere o mi autorizzino a farli uscire. Qualcuno ha fatto lo stesso di testa sua, però. Vedremo il da farsi», afferma.
E non solo la preside Vetri non concorda con le modalità di protesta scelte dagli studenti, non è daccordo neanche nel considerare i test come qualcosa di negativo. «Non sono atti a fare classifiche di nessun genere, gli studenti hanno informazioni sbagliate», sostiene. «E invece al contrario: si cerca solo di testare il polso degli studenti in italiano e matematica, ovvero le discipline base in cui il sistema scolastico italiano ha investito, per aiutare, tramite finanziamenti europei, le regioni che si pongono al di sotto di determinati parametri. Servono soprattutto alle scuole per capire le proprie criticità secondo una logica di valutazione allinterno di un sistema di miglioramento», conclude.
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