Gli oltre 50 mila euro trovati all’interno della cassaforte dell’ingegnere Vittorio Giarratana, canicattinese attualmente a capo dell’ufficio tecnico di Valguarnera Caropepe, nell’Ennese, indagato nell’inchiesta sulla cricca degli appalti dell’Agrigentino, secondo i giudici non sono frutto di attività delittuose. Il tribunale del riesame di Agrigento, presieduto da Wilma Angela Mazzara, ha disposto il dissequestro dei soldi, in […]
Tangentopoli agrigentina: dissequestrati 50.000 euro all’ingegnere Giarratana
Gli oltre 50 mila euro trovati all’interno della cassaforte dell’ingegnere Vittorio Giarratana, canicattinese attualmente a capo dell’ufficio tecnico di Valguarnera Caropepe, nell’Ennese, indagato nell’inchiesta sulla cricca degli appalti dell’Agrigentino, secondo i giudici non sono frutto di attività delittuose. Il tribunale del riesame di Agrigento, presieduto da Wilma Angela Mazzara, ha disposto il dissequestro dei soldi, in banconote di diverso taglio, ritenuti dalla Procura l’incasso di alcune tangenti. Giarratana è indagato, nella qualità di progettista del Comune di Ravanusa, di avere favorito l’aggiudicazione illegittima di un grosso appalto, per un importo superiore ai 20 milioni di euro, a una impresa di Catania, che non avrebbe avuto i requisiti per realizzare il centro di compostaggio.
Accuse che vengono contestate insieme ai due responsabili dell’impresa e all’architetto Sebastiano Alesci, indicato (insieme al deputato regionale Roberto Di Mauro), dal procuratore Giovanni Di Leo e dal pm Rita Barbieri, come il capo dell’associazione a delinquere di cui Giarratana, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto parte. Il suo legale Diego Giarratana, tuttavia, ha sostenuto che le accuse a suo carico fossero del tutto generiche e inconsistenti e che non vi fosse alcun motivo per ritenere che le somme in contanti fossero di provenienza illecita.
Il professionista aveva subito la perquisizione il 15 maggio, quando i poliziotti della squadra mobile di Agrigento hanno eseguito il decreto di sequestro di dispositivi elettronici e documenti a carico di 13 dei 46 indagati levando in parte il velo su quella che, a distanza di settimane, sembra una vera e propria tangentopoli agrigentina con il coinvolgimento di politici e pubblici funzionari in un giro di grossi appalti che sarebbero stati truccati a vantaggio di imprenditori amici. I giudici hanno mantenuto il sequestro solo dei dispositivi elettronici e dei documenti sequestrati.