Sul giallo di Caronia ci sarebbe già «una pista chiara» Ipotesi che madre e figlio siano morti nello stesso posto

I resti del corpo di bambino ritrovato ieri sono all’obitorio del Policlinico di Messina dove, tra domani pomeriggio e sabato mattina, sarà eseguita l’autopsia che è stata affidata a Elvira Spagnolo, la stessa medica legale che ha già eseguito l’esame sul corpo di Viviana Parisi. La certezza che quei resti ritrovati ieri mattina da Giuseppe Di Bello, il carabiniere in congedo che era tra i volontari chiamati a raccolta da Daniele Mondello, il padre dei Gioele – appartengano al bimbo di quattro anni scomparso tra i boschi di Caronia dopo l’incidente lungo l’autostrada A20 avuto insieme alla madre, arriverà solo dopo l’esame del dna. Fin da subito, però, gli inquirenti hanno ipotizzato un collegamento quasi sicuro con il profilo del bambino.

Oggi pomeriggio, intanto, il padre dovrà riconoscere gli oggetti che sono stati ritrovati tra i rovi delle campagne della cittadina dei Nebrodi. Tra questi, oltre agli indumenti – si era subito parlato di una magliettina compatibile con quella indossata da Gioele al momento della scomparsa – c’è anche un paio di scarpette blu. «Gli avevo chiesto di farlo già ieri – ha detto il procuratore di Patti Angelo Cavallo – ma ha preferito seguire le spoglie di quello che riteniamo sia il figlio e abbiamo rispettato questa esigenza». Sull’uomo, nel frattempo, è stato eseguito anche un prelievo per permettere un esame comparativo tra il suo Dna e quello dei resti del bambino.

Intanto qualcosa comincia a emergere e qualche possibile ricostruzione dei fatti inizia a delinearsi. «Il tragitto fatto da Viviana Parisi e dal figlio Gioele, il 3 agosto scorso, da casa al momento dell’incidente sulla A20 riteniamo che sia stato tutto accertato – ha detto Cavallo – Abbiamo trovato i biglietti dei caselli autostradali, delle immagini in cui la signora usciva di casa col bambino in perfetta salute, le immagini di Sant’Agata di Militello che ci dicono che il bambino era vivo dentro l’auto con la madre». Ricostruzione poi confermata anche dalla coppia di turisti del Nord Italia che si sono presentati in una caserma dopo essersi riconosciuti negli appelli lanciati da giorni dagli inquirenti. «Riteniamo con buona approssimazione – ha aggiunto il procuratore – che l’uscita dall’autostrada fosse dovuta alla necessità di fare carburante perché in auto c’era poca benzina»

Dopo oltre due settimane di indagini, alcune piste sono state escluse (per esempio quella che riguarderebbe collegamenti con la sfera familiare), mentre altre sono rimaste in piedi e su quelle gli inquirenti continuano a lavorare per ricostruire quanto accaduto. «Non aspettiamo i 90 giorni per avere i risultati scritti della consulenza dei nostri periti – ha spiegato ancora Cavallo – che ci hanno già detto quanto, secondo loro, è accaduto. E posso dire che delle certezze le hanno comunicate, riservandosi all’esito di accertamenti, in particolare di quelli istologici. Ma una pista – ha affermato il procuratore titolare delle indagini – una lettura chiara degli avvenimenti già c’è stata data». Tra le ipotesi che gli inquirenti stanno tenendo in considerazione emerge anche la convinzione che madre e figlio siano morti nello stesso posto. I resti del bambino ieri sono stati rinvenuti a duecento metri dall’autostrada Messina-Palermo e a poco più di cinquecento metro dal traliccio dell’Enel ai piedi del quale era stato trovato il cadavere della donna. Tra i dubbi c’è anche quello che non si trovassero già lì nei giorni precedenti ma che vi siano stati portati, forse anche solo ieri.

È ai social che Daniele Mondello ha affidato il suo sfogo. «Nonostante il dramma che mi ha travolto, trovo doveroso ringraziare quanti mi hanno aiutato. Dedico un ringraziamento particolare al signore che ha trovato mio figlio – scrive il padre del bambino e marito di Viviana sulla sua pagina Facebook a corredo di una foto in cui tutti e tre sono insieme – Se non ci foste stati voi, chissà se e quando lo avremmo ritrovato. Cinque ore di lavoro di un volontario rispetto a 15 giorni di 70 uomini esperti mi fanno sorgere dei dubbi oggettivi sui metodi adottati per le ricerche». L’ex carabiniere in congedo, conoscitore dei luoghi e appassionato raccoglitore di funghi, che ha trovato i resti del bambino ha spiegato che «uno si deve immedesimare nella testa di un bambino di quattro anni che rimane là, da solo. Là è buio pesto, l’unica cosa che si vede è la luna. Ho pensato che il bambino andava verso di là. Ho percepito qualcosa, non visto, percepito. Qualcosa che non mi convinceva. Sentivo un odore non gradevole. Appena ho cominciato ad alzare quegli alberi, purtroppo. Può essere – ha concluso Di Bello – che Gioele stesso abbia accompagnato i miei passi fino a lui». 

Marta Silvestre

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