La bomba venne piazzata lungo la strada provinciale il 2 aprile 1985. L'attentato provocò la morte di una donna e dei suoi due figli. Quel giorno il sostituto procuratore, che si salvò, era diretto al palazzo di giustizia di Trapani a bordo di una macchina blindata
Strage di Pizzolungo, in Appello 30 anni al boss Galatolo Nel mirino della mafia c’era il magistrato Carlo Palermo
È stato condannato a 30 anni di carcere anche nel processo d’appello il boss Vincenzo Galatolo, accusato di avere ordinato la strage di Pizzolungo, avvenuta nel trapanese il 2 aprile 1985. La sentenza è stata emessa dalla corte d’Assise di Caltanissetta, che ha accolto la richiesta della procuratrice generale Lia Sava. Nel corso del processo di primo grado – svolto con il rito abbreviato e giunto a sentenza il 16 novembre 2020 – i giudici hanno accertato che l’ordine per l’attentato di Pizzolungo partì dalla mafia palermitana.
L’obbiettivo era uccidere il magistrato Carlo Palermo, arrivato a Trapani dal Nord Italia dopo avere svolto delicate indagini su armi, droga e politica, ma l’autobomba fece saltare in aria l’auto su cui viaggiavano Barbara Rizzo e i gemellini Beppe e Tore Asta. Si salvò invece il magistrato.
Il ruolo di Galatolo, inoltre, è da aggiungere alle condanne nei confronti di Totò Riina, Antonino Madonia e Vincenzo Virga, emesse nel corso di questi decenni e agli interrogativi sugli esecutori dell’attentato. Ad accusare il boss Galatolo – da tempo in carcere, anche per altri omicidi eccellenti – è stata anche la figlia Giovanna Galatolo, divenuta collaboratrice di giustizia. «Quel giudice è un cornuto», ha riferito di aver sentito dire al padre in riferimento al magistrato Palermo, riconosciuto come parte civile nel processo assieme a Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella di Salvatore e Giuseppe Asta, gli agenti della scorta, i Comuni di Trapani, Erice e Valderice.