Simeto, nuovi lavori nell’area delle trivellazioni Gli attivisti: «La politica non prova a fermarle»

Un movimento quotidiano di camion e operai, assieme allo smontaggio di una prima trivella e ai lavori di consolidamento della piattaforma. Sono queste le novità che preoccupano gli attivisti NoTriv di Paternò. Perché in piena valle del Simeto, nella zona di Mandarano tra Adrano e Centuripe, un’area ricca di agrumeti e di colture orticole, che da anni soffre già di una grave emergenza idrica, dalla scorsa estate sono attive le concessioni per la ricerca di idrocarburi da parte di Enimed, una controllata della multinazionale Eni. Il tutto per via di una autorizzazione mineraria rilasciata dal governo centrale tramite il cosiddetto decreto Sblocca Italia

«Fino alla settimana prima delle festività natalizie – spiega a MeridioNews Piero Cannistraci, ambientalista attivo nel territorio da decenni che adesso è membro del comitato No Triv – è stata attiva una prima trivella. Contestualmente allo smontaggio di quest’ultima, e del cappannone costruito di fianco, sono iniziati dei lavori di consolidamento della piattaforma». La suggestione degli attivisti è che queste operazioni possano essere propedeutiche al posizionamento di una trivella di profondità, di dimensioni molto più grandi.

«Sostanzialmente il punto è che, allo stato attuale dei fatti, le concessioni oramai sono già date e adesso hanno la possibilità di decidere di fare dei buchi per le ricerche per tutta l’estensione della vallata, dove vogliono». In effetti, le concessioni coprono un’ampia superficie che va dalla valle dove scorre il fiume Simeto ad altre aree sensibili come quella del fiume Dittaino, nella piana di Catania, zona agricola e su cui insistono anche siti archeologici, e un’altra ampia zona del Simeto che comprende anche l’oasi faunistica. In questo caso, si tratta di una concessione Edison e tocca i territori di Paternò, Ragalna, Ramacca, Palagonia, fino a lambire la zona del ponte Primosole, alle porte di Catania.

«La concessione copre tutta la valle, dal Catanese all’Ennese. Tre anni fa, quando è cominciato a trapelare qualcosa, si trattava di un piccolo triangolino fra Adrano, Biancavilla e Centuripe fino a Ragalna. Adesso è diventato un rombo che rischia di distruggere una delle zone più fertili di tutta la Sicilia. Fra l’altro, – aggiunge Cannistraci – questa concessione va ad accavallarsi alle altre quattro che ci sono già nella provincia di Catania. Tutta una fascia che partendo da Bronte e Troina, dove circa 15 anni fa erano già state fatte delle operazioni di ricerca, arriva fino a Noto, in provincia di Siracusa, che una decina di anni fa era stata oggetto dello stesso tipo di ispezioni. In pratica, stanno cercando di collegare tutta la fascia che va da Bronte a Noto». 

Intanto mentre nell’intera area interessata, che continua a essere custodita, c’è un movimento quotidiano di camion e di operai, il comitato NoTriv si sta mobilitando per fare in modo che non si vada oltre. «Teoricamente per fare il passo successivo ci dovrebbe essere un’altra concessione allo sfruttamento vero e proprio di cui attualmente non c’è traccia ma, per esperienza di ciò che è già successo anche in altri luoghi, posso dire – sostiene l’ambientalista – che a questo si arriva praticamente in automatico».

Dalla maggior parte dei Comuni su cui ricadono le trivellazioni non ci sono state opposizioni. «Il sindaco di Caltagirone aveva provato a fare qualche azione di protesta mentre gli altri pare abbiano sottovalutato la comunicazione che comunque, c’è da dire, non arriva alle amministrazioni locali sotto forma di richiesta. Solo la Regione avrebbe potuto opporsi, ma non si è mosso un dito», lamenta l’attivista. Il timore è che le operazioni di ricerca possano «comportare l’inquinamento delle falde acquifere. Non voglio pensare a quanto potrebbe essere distruttiva la fase dello sfruttamento se trovassero il petrolio».


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