Quello che è avvenuto ieri a sala d'ercole segna, forse, il punto più basso raggiunto dalla politica siciliana negli ultimi anni. Confessiamo di aver provato vergogna nel vedere i vertici del parlamento dell'isola agitarsi e dimenarsi per tentare di aggirare un pronunciamento della corte corte costituzionale e una sentenza di un tribunale civile della repubblica.
Sicilia:politica tra malcostume, mafia & affari
Quello che è avvenuto ieri a Sala d’Ercole segna, forse, il punto più basso raggiunto dalla politica siciliana negli ultimi anni. Confessiamo di aver provato vergogna nel vedere i vertici del parlamento dell’Isola agitarsi e dimenarsi per tentare di aggirare un pronunciamento della Corte Corte Costituzionale e una sentenza di un Tribunale civile della Repubblica.
La Consulta ha stabilito l’incompatibilità tra il ruolo di parlamentare e quello di Sindaco. Eppure, nonostante ciò, il Sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, ha provato in tutti i modi a restare seduto sulle due poltrone. Sorretto dalla presidenza dell’Assemblea regionale siciliana, che invece di applicare un principio sancito da un pronunciamento della Corte Costituzionale, ha provato ad aggirarlo. Una scena incredibile. Arroganza all’ennesima potenza.
Di mezzo c’è anche una sentenza di primo grado del Tribunale civile di Palermo. Altro pronunciamento chiaro: Buzzanca deve decidersi: o Sindaco di Messina, o parlamentare dell’Ars. Ma neanche questo ha convinto la presidenza dell’Ars a liberare Sala d’Ercole da questo ingomrante caso.
Ieri, l’umiliazione finale: la presidenza dell’Ars ‘costretta’ da un’ordinanza del Tar a mettere all’ordine del giorno dei lavori d’Aula il ‘caso’ Buzzanca. Uno ‘schiaffo’ all’attuale Assemblea regionale e a chi la conduce in modo pessimo.
Per fortuna, mettiamola così, l’Aula ha avuto un sussulto di dignità – e questo gli fa onore – e ha messo Buzzanca all’angolo. Gli altri giornali dicono che, adesso, il deputato del Pdl dovrà decidere: a noi risulta che Buzzanca è già, di fatto, decaduto da parlamentare di Sala d’Ercole, perché, in questo caso, dovrebbe fare fede la sentenza di primo grado del Tribunale civile di Palermo.
In ogni caso, poco importa: l’importante è che sia passato un principio voluto – lo ripetiamo – dalla Corte Costituzionale: non si può ricoprire, contemporaneamente, la carica di Sindaco e di parlamentare.
La vicenda di ieri, però, è la punta di un iceberg di una politica siciliana che, ormai da tempo, non fa più gli interessi dei siciliani. E’ come se la politica – complice forse il difficile momento economico – persegua fini che, forse, non sono più di potere, ma solo di accumulazione di denaro. Quello che scriviamo è molto grave. Ma sono i fatti che sorreggono quello che diciamo. Vediamoli.
La scorsa settimana la Cgil – nazionale e siciliana – nel corso di un incontro in provincia di Enna, ha detto a chiare lettere che la gestione dei rifiuti, in Sicilia, è una follia. I cosiddetti Ato rifiuti hanno accumulato oltre un miliardo di debiti. Mentre i Comuni non sono più in grado di pagare chi deve togliere i rifiuti dalle strade.
Non è questa la sede per una disamina completa dei problemi del settore. Diciamo soltanto che, da quando i cosiddetti Ato e, in generale, i privati, hanno sostituito i Comuni siciliani nella gestione dei rifiuti, il costo del servizio è raddoppiato – e in alcuni casi triplicato – mentre lo stesso servizio è notevolmente peggiorato.
Ieri, casualmente, passando da Villagrazia di Carini, abbiamo assistito ad uno spettacolo d’indescrivibile indecenza: rifiuti ovunque non raccolti in un luogo di villeggiatura con temperature di oltre 40 gradi centrigradi. Una follia.
Villagrazia di Carini è solo uno dei tanti esempi di una Sicilia che non governa più la raccolta dei rifiuti. Con i siciliani – famiglie e imprese – chiamati a pagare somme esose non per avere un servizio efficiente, ma per fare arricchire alcuni privati. Mettendo a rischio – come abbiamo notato ieri a Villagrazia di Carni – la salute pubblica, tra l’indifferenza delle varie ‘autorità’.
Su questa vicenda avrebbe dovuto intervenire il Governo regionale. Che non è intervenuto. Anche in questo caso la politica siciliana -Governo e Ars – fanno l’esatto contrario di quello che chiedono i siciliani. Gabbandoli e derubandoli.
Non va meglio con l’acqua. Un referendum di un anno fa ha sancito il ritorno alla gestione pubblica dell’acqua. La politica siciliana – Governo e Ars – da un anno, continuano a foraggiare i privati. Addirittura, in certi casi – come abbiamo scritto nel caso di Girgenti acque – i politici sono dentro le società private che ‘alleggeriscono’ le tasche dei cittadini.
All’Ars giace anche un dsegno di legge presentato da un comitato di Sindaci e di cittadini. Ma Governo e Ars fanno finta di nulla. Ed è anche ‘logico’, se è vero che sono i politici a guadagnare sulla gestione dell’acqua, che continua ad essere gestita dai privati.
Addirittura si arriva al paradosso: l’Eas, che è stato posto in liquidazione, ma che ancora oggi fornisce l’acqua a circa 400 mila siciliani, non ha i soldi per pagare Enel e fornitori. Così, da una settimana, i tecnici dell’Eas lavorano con il voltaggio basso e con mezzi sempre più scarsi, visto che mancano i soldi per pagare i fornitori. Un altro caso in cui Governo e Ars sono schierati contro i cittadini. Ma di questo non sembra che gliene fregi niente a qualcuno.
Incredibile quello che sta succedendo con le coste siciliane. Un articolo de la Repubblica, interrogazioni al parlamento nazionale e una puntuale e completa interrogazione firmata dal parlamentare regionale del Pd, Pino Apprendi – con l’apporto meritorio di Legambiente, che sta conducendo questa battaglia – mettono a nudo un progetto osceno di privatizzazione delle coste siciliane.
Il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, smentisce e annuncia querele. Ma accanto alle querele farebbe bene a esibire gli atti amministrativi che dimostrano che la Regione ha detto “no” al progetto. Lombardo ci farà questa ‘grazia’, o finirà come lo strombazzato annuncio della pubblicazione delle leggi impugnate poi finito nel nulla?
Resta una vicenda inquietante: un tentativo, maldestro, di privatizzare tutte le coste siciliane. Quali società stanno dietro questo progetto? Anche in questo caso, Governo e Ars vanno contro gli interessi dei siciliani. Per denaro.
E poiché parliamo di coste siciliane, non possiamo non parlare di un progetto che, da qualche anno a questa parte, compare e scompare tra le ‘carte’ di Governo e Ars. E’ la sanatoria edilizia lungo le coste. Un progetto che interessa speculatori e mafiosi. Con una semplice legge edefici abusivi che oggi non valgono nulla diventeranno una fonte inesauribile di denaro. Denaro, sempre denaro.
Anche in questo caso, l’esito sembra logico: prima di regalare tutte le coste ai privati, ‘sistemiamo’ almeno di affari di speculatori e mafiosi siciliani. Governo e Ars riusciranno nell’intento?
C’è anche la vicenda delle società regionali. Nel 1999, in occasione della vendita della Vini Corvo – una delle poche società regionali in attivo nella Sicilia di quegli anni – ci fu un grande dibattito politico. Oggi la Regione ha venduto il 51 per cento del pacchetto azionario di Italkali – la più importante società mineraria siciliana – e nessun sa nulla. Prezzo, affari, personaggi? Solo qualche indiscrezione. Come se il 51 per cento di tale società non fosse dei siciliani, ma dei governanti che hanno ‘trattato l’affare’. Cosa loro, insomma.
E che dire di Irfis-Fin Sicilia? Di fatto, è un doppione della Banca del Mezzogiorno che, peraltro, è già operativa con gli sportelli delle Posta italiane. In pratica, un colosso. Che bisogno c’era di far continuare a vivere il ‘fantasma’ della vecchia Irfis di Gandolfo Dominici privata, peraltro, del ramo d’azienda bancario, ceduto a Unicredit?
E infatti Irfis-Fin-Sicilia non nasce per fare banca. Perché, come già detto, a sostegno delle imprese siciliane e meridionali c’è già la Banca del Sud. Nasce per fare da sponda agli ‘amici’. Cioè per gestire i fondi europei che, finora, la Regione non ha voluto spendere. Soldi che, se verranno mai spesi in Sicilia, sanno già dove ‘andare’.
Per fare quest’opera di ‘bene’ ci vuole uno strumento: Irfis-Fin-Sicilia. E uno che la guidi. Che non potrà avere un’indennità annua inferiore a 300 mila euro. Chi li pagherà? La Regione. Con quali soldi? Per esempio, con quelli che potrebbero servire all’Eas per pagare i fornitori.
Guarda un po’ che caso: all’Eas servirebbero 600 mila euro per pagare i fornitori di autovetture: gli stessi soldi che potrebbero servire per pagare i ‘manager’ di due società regionali… Nel primo caso si farebbero gli interessi dei 400 mila siciliani ai quali Eas, ancora oggi, fornisce l’acqua. Nel secondo caso di favorirebbero due manager. Secondo voi Governo e Ars chi sceglieranno?
Il parlamento nazionale sta discutendo la legge costituzionale che dovrebbe ridurre da 90 a 70 i parlamentari dell’Ars. Se Sala d’Ercole si scioglierà prima, però, la ‘doppia lettura’ romana (articolo 138 della Costituzione) andrà a farsi benedire e i siciliani rieleggeranno 90 deputati. Un buon motivo, alla fine, per sciogliere prima il parlamento dell’Isola, magari on una mozione di sfiducia al Governo.
Anche in questo vaso, superfluo aggiungerlo, la ‘casta’ siciliana tutela se stessa.