Sono uno dei tanti devoti che dalla sera del 3 febbraio alla mattina di giorno 6 ha contato il sonno sulla punta delle dita di una mano sola. Uno dei tanti che con commozione e devozione ha trovato nella Santuzza la forza di proseguire, ascoltando le meravigliose parole dell’arcivescovo di Catania monsignor Salvatore Gristina durante l’omelia della messa dell’aurora e in piazza Stesicoro prima della salita dei Cappuccini, dell’arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice durante il pontificale. E non ultime quelle di padre Alfio Spampinato, alla messa delle ore 21 di giorno 5 al santuario della Madonna del Carmine, che ci ha esortato ad essere martiri, ovvero testimoni, della fede ovunque siamo.
A festa finita però alcune considerazioni sono d’obbligo.
Se un’amministrazione comunale decide di prendere una parte attiva e rilevante nello svolgimento della festa di Sant’Agata con la costituzione di un apposito comitato, con i protocolli di legalità, con le ordinanze anti torcia, non può poi essere cieca di fronte al fallimento dell’iniziativa.
La processione si è svolta tranquillamente, e il sindaco Enzo Bianco ha presenziato alle fasi più da vetrina con tanta attenzione alla festa da non accorgersi dei torcioni. Così come non avrà visto neanche le file interminabili di banchetti di vendita di arrusti e mancia dalle condizioni igieniche al limite dei conati di vomito. Un’amministrazione seria non emette ordinanze che sa già che non farà rispettare. Quale credibilità ha se emette un’ordinanza e contemporaneamente fa cospargere di segatura tutto il percorso? E se annuncia a priori piani di pulizia straordinaria dei luoghi della festa? Se io fossi un portatore di torcia e vedessi che nessuno – neanche per sbaglio – mi chiede di spegnere il cero, e che la strada è piena di segatura, perché dovrei dare peso all’ordinanza sindacale?
Il sindaco Bianco era affacciato da un balcone di via Crociferi per assistere al canto delle suore benedettine. Ha così potuto godere del magnifico spettacolo offerto dai devoti che sollevavano diverse persone che hanno perso i sensi a causa della calca, aiutate dalla prontezza di spirito dei devoti e dalla tempestività dei soccorsi. Avrà osservato con meraviglia la ressa sui gradini della chiesa, e magari si sarà pure chiesto come mai nessuno abbia provveduto a un servizio d’ordine che impedisse alle persone di mettersi in quel punto ed evitare di trovarsi schiacciati. D’altronde è una novità di quest’anno che ogni anno lì ci sia confusione, come poterselo aspettare…Mi chiedo se bisogna avere studiato Fisica per capire che due corpi non possono occupare contemporaneamente lo stesso spazio.
La serietà imporrebbe un minimo di coerenza che a quanto pare non è una dote cara all’attuale amministrazione, e fa riflettere che la comunità dello Sri Lanka – offrendo 4800 bottigliette di acqua – si sia fatta carico di un aspetto che magari poteva essere di competenza della protezione civile, dimostrando che a Catania l’integrazione è nei fatti e che questi ragazzi hanno capito della festa più di quanto abbia capito l’amministrazione.
L’inciviltà fa più notizia della fede e ovviamente la stampa cavalca l’incoerenza, non mancando di fare arrivare il parere di chi porta le torcia (che ovviamente giustifica il suo gesto, e dal quale non possiamo aspettarci certo oggettività di giudizio) e non quello dei devoti che per primi cercano con buonsenso di far ragionare queste persone, sapendo che dietro ogni cero acceso c’è una storia, un voto, a volte un dramma. Partiamo da qui per riuscire a gestire questo fenomeno, non da sterili ordinanze disattese poiché ogni soluzione è migliore dell’ipocrisia.
Mi si è stretto il cuore a vedere vandalizzato il cuscino di fiori posto dai parenti del giovane Andrea Capuano, morto per essere caduto a causa della cera, e vorrei chiedere scusa ai parenti a nome di tutta la parte sana della festa, e tremo pensando che nei prossimi giorni io dovrò camminare in quelle stesse strade.
Una festa quella di quest’anno composta, come sempre emozionante, grazie al contributo di tutti, ma con l’amaro in bocca di una ipocrisia della classe politica, che fa dell’apparenza la sua stella polare, offendendo chi nei fatti è devoto 365 giorni l’anno.
Cittadini, W Sant’Agata.
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