Non dà segni di miglioramento l'uomo che il 19 settembre si è dato fuoco in piazza Risorgimento, dopo che la polizia municipale ha sequestrato la sua bancarella abusiva. I medici hanno interrotto i sedativi, aspettando che rispondesse allo stimolo del dolore, ma lui non ha reagito. «Hanno detto che dobbiamo aspettare», spiega Alfina Poli, la moglie. che annuncia: «Cercheremo testimoni e prove anche tramite Chi l'ha visto?»
Salvatore La Fata non si sveglia dal coma «Ancora in circolo le tossine della benzina»
Hanno smesso di sedarlo e hanno aspettato che reagisse agli stimoli, ma Salvatore La Fata non ha dato alcun segno di miglioramento. I medici del Centro grandi ustionati dell’ospedale Cannizzaro hanno tentato ieri di risvegliarlo dal coma farmacologico in cui versa da venerdì 19 settembre, giorno in cui si è dato fuoco in piazza Risorgimento, dopo che gli uomini della polizia municipale, nel corso di un’operazione antiabusivismo, gli hanno sequestrato la merce che vendeva su una bancarella abusiva. E adesso l’uomo, 56 anni, ustioni di secondo e terzo grado sul 60 per cento del corpo, rimane in stato comatoso. Sebbene una tac abbia escluso danni cerebrali. «I dottori hanno detto che può capitare, che la benzina rilascia delle tossine che rimangono in circolo nel sangue per giorni», racconta Alfina Poli, moglie dell’ex operaio edile senza lavoro da due anni.
«Gli hanno cambiato le medicazioni senza nessuna anestesia spiega la donna Mio marito avrebbe dovuto reagire allo stimolo del dolore, ma non l’ha fatto. Non sono riusciti a farlo tornare cosciente, non hanno registrato alcun movimento degli occhi». Niente di positivo, dunque, ma il personale sanitario del Cannizzaro non avrebbe espresso particolare preoccupazione: «Ci hanno detto che, anche se finora non ha reagito, dobbiamo aspettare». Già nelle prossime ore, quindi, la situazione di La Fata potrebbe cambiare, pur rimanendo comunque piuttosto grave.
C’è da aspettare ancora qualche settimana, invece, per scoprire l’esito della denuncia che la famiglia ha presentato in procura il 25 settembre, con la quale si accusano i vigili urbani di istigazione al suicidio e omissione di soccorso. Alla base dell’azione legale, le testimonianze di chi era lì, secondo le quali alla minaccia di La Fata di appiccarsi le fiamme gli agenti avrebbero risposto «Sì, ma spostati più in là». «Però, finora, nessuno degli accusati ha provato a dire che non è vero e che le cose non sono andate in quel modo afferma Alfina Poli Abbiamo ricevuto soltanto una telefonata dal comandante Belfiore, che ci comunicava la sua solidarietà, mentre i vigili che sono intervenuti, anche se sui giornali si è parlato molto di quello che hanno fatto, non hanno nemmeno provato a raccontare la loro versione».
Nel frattempo, la famiglia continua a cercare altre persone che abbiano assistito alla scena del sequestro e del conseguente tentato suicidio. Dopo aver riempito piazza Risorgimento di manifesti che invitavano eventuali presenti a raccontare «tutto su quel maledetto venerdì», adesso la moglie di Salvatore La Fata annuncia di voler arrivare, con il suo appello, sulle reti televisive nazionali: «Siamo in contatto con la trasmissione televisiva Chi l’ha visto? – dice – Vogliamo far arrivare a più gente possibile la nostra richiesta d’aiuto, perché magari qualcuno che ha visto era lì solo di passaggio, o non ha molta praticità con internet…». Ma non servono solo testimoni, servono anche prove: «Se qualcuno avesse fatto delle foto o avesse girato un video, ce li faccia avere, anche in forma anonima».