S. Giovanni Galermo, market della droga senza sosta I festeggiamenti di capodanno a colpi di kalashnikov

Dodici piazze di spaccio che agivano tra le vie del quartiere popolare di San Giovanni Galermo. Organizzate con turni, postazioni e orari. Un sistema efficiente che garantiva costantemente la possibilità di trovare droga, grazie alle forniture assicurate dai Nizza, gruppo criminale organico alla famiglia Santapaola-Ercolano. Questo il cuore dell’inchiesta Skanderberg della Dda di Catania che ha portato all’emissione di 101 misure cautelari. In due casi i destinatari sono minorenni.

Al vertice, secondo i magistrati della procura etnea, ci sarebbe stato Lorenzo Michele Schillaci. Nel curriculum criminale dell’uomo ci sono già condanne per associazione mafiosa. Schillaci avrebbe fatto da supervisore dell’attività di spaccio, con il compito anche di dirimere gli eventuali screzi tra le piazze, in concorrenza tra loro per la vendita della droga. A parlare di lui è stato anche Silvio Corra, collaboratore di giustizia che aveva sostituito Schillaci alla guida dei Nizza. Le dichiarazioni di Corra, insieme a quelle di Dario Caruana, sono servite a ricostruire i rapporti all’interno della criminalità organizzata di San Giovanni Galermo.

L’indagine dei carabinieri è partita a ottobre 2018 e si è conclusa a maggio 2019. Oltre sette mesi in cui i militari hanno filmato il commercio di sostanze stupefacenti e i civici in cui la droga veniva custodita. A finire immortalate sono state anche scene che rilasciano la fotografia di come il gruppo criminale imponesse la propria supremazia nel quartiere: la notte di San Silvestro del 2018, Schillaci – e con lui Mario Maurizio Calabretta e Giambattista Spampinato, ritenuti i responsabili della piazza di spaccio al civico 81 – ha imbracciato un kalashnikov per festeggiare il nuovo anno. Il tutto mentre a poca distanza proseguiva la vendita della droga.

Schillaci è stato arrestato a novembre dello scorso anno per porto abusivo di arma. Durante la perquisizione, i carabinieri trovarono 60mila euro in contanti e documenti che provavano la gestione dello spaccio e delle estorsioni, nelle vesti di responsabile dei Nizza. Con quei soldi venivano pagate anche le famiglie dei detenuti, per una spesa mensile di circa 42mila euro. Una sorta di reddito di criminalità.


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