Rifiuti, piccoli Comuni virtuosi e grandi città bocciate Alla Sicilia resta un mese per superare l’esame di Roma

Sono passati poco meno di cinque mesi da quando l’ordinanza 5/rif ha visto la luce. Cinque mesi di viaggi in lungo e in largo per la Sicilia alla ricerca di una discarica in cui conferire i rifiuti. Cinque mesi di polemiche, di scontri anche abbastanza duri tra amministratori locali e Regione. Un braccio di ferro estenuante, quello tra il presidente dell’Anci Sicilia Leoluca Orlando e il duo CrocettaContrafatto, con continui rimandi alle responsabilità dell’altro. Eppure la data del 30 novembre si avvicina. E al ministero dell’Ambiente di certo non interesserà attribuire colpe, ma verificare fatti. Numeri alla mano, per quella data la Sicilia dovrà avere aumentato, in media, di un punto percentuale al mese la raccolta differenziata. Senza quel più sei per cento, sarà infatti difficile continuare il dialogo con Roma.

Se queste percentuali saranno raggiunte, è difficile a dirsi. Di certo, l’ufficio speciale per la differenziata, istituito la scorsa estate dal governatore Rosario Crocetta e guidato dal dirigente di KalatAmbiente Salvo Cocina, sta ancora raccogliendo i dati dei 390 Comuni siciliani. Ma tra i piccoli Comuni virtuosi che differenziano tanto (ma pesano poco sulla media regionale) e le grandi metropoli che stentano a far partire il porta a porta (e incidono molto sul computo totale) è difficile stabilire se l’esame romano sarà superato o meno.

In ogni caso è ancora lontana la soglia minima del 65 per cento di differenziata, «un traguardo – ha ammesso la responsabile ai rifiuti Vania Contrafatto a MeridioNwes – rispetto al quale la Sicilia è in ritardo di almeno dieci anni». Tra le amministrazioni che nel corso dell’estate sono riuscite a fare miracoli, superando i 65 punti percentuali di differenziata, c’è Isola delle Femmine, in provincia di Palermo, balzata dal 47 per cento del primo giugno, al 66 per cento di ottobre.

Tra i Comuni virtuosi, poi, Balestrate al 56 per cento, Montelepre al 55, Terrasini al 45, San Michele di Ganzaria, Mirabella Imbaccari, Zafferana Etnea, Scordia, Siculiana, tutte con medie intorno al 50 per cento. Amministrazioni che, nonostante le difficoltà e i contratti già posti in essere con le ditte che gestiscono la raccolta, sono riuscite a rendere il porta a porta una realtà di fatto.

Ci sono poi le Srr considerate virtuose perché, tra Comuni più attivi e altri più lenti, sono riuscite comunque a innalzare la media di differenziata nei territori di competenza oltre i 30 punti percentuali. È il caso della Srr Agrigento Ovest, di Trapani Provincia Nord e di KalatAmbiente.

Naturalmente c’è il rovescio della medaglia. È il caso dell’isola di Ustica, in provincia di Palermo, dove la raccolta dei rifiuti porta a porta funziona benissimo. Peccato che i tre operatori comunali che si occupano del servizio raccolgano soltanto rifiuti indifferenziati. Ma il problema maggiore resta quello delle grandi città, che da sole producono oltre il 30 per cento dei rifiuti dell’Isola. Se l’incremento non avverrà lì, difficilmente si raggiungeranno i sei punti percentuali richiesti dal ministero.

I dati non sono certo incoraggianti. A Palermo città, il progetto pilota porta a porta 1, che ha interessato l’asse di via Notarbartolo, dopo l’entusiasmo iniziale che ha fatto registrare i 50 punti percentuali, è sceso vertiginosamente al 20 per cento. Ai primi di giugno, la media di differenziata nel capoluogo siciliano era del sei per cento. Da allora, si sono raggiunti i dieci punti percentuali, per cui non è da escludere che quantomeno la città amministrata da Orlando riesca a raggiungere l’incremento semestrale di sei punti. Non va meglio a Messina, dove al contrario la percentuale è scesa dal 15 al 12 per cento, mentre resta stazionaria Catania, intorno al dieci. Dodici punti percentuali di differenziata anche a Trapani, mentre tanti Comuni minori aspettano ancora l’ok dell’Urega (l’ufficio regionale di vigilanza sulle gare a evidenza pubblica) per espletare gli appalti e far partire il porta a porta. 

Intanto il countdown è iniziato. Tra poco più di un mese la Sicilia dovrà dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi contenuti nell’ordinanza di giugno. In caso contrario, Roma potrebbe decidere di lavarsene le mani, sbattendo la porta in faccia alla Sicilia.


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