Referendum, Renzi promuove il in una Palermo blindata «Per le Regioni a statuto speciale non cambierà niente»

Un teatro Santa Cecilia gremito quello che ha accolto il premier, Matteo Renzi, per il suo tour di promozione del referendum costituzionale. Fuori, un maxischermo allestito per un altro centinaio di persone attente. Tutt’intorno uno spiegamento di forze teneva a debita distanza gli oppositori: un manipolo non troppo nutrito tra studenti che mostravano uno striscione contro il premier e lavoratori di Almaviva accorsi, armati di un lenzuolo con su scritto Part time trasferito uguale licenziato, per consegnare il proprio messaggio all’ex sindaco di Firenze. E non sono mancati neanche gli automobilisti rimasti bloccati dalle forze dell’ordine che presidiavano il perimetro e ognuna delle tante vie d’accesso alla piazzetta trasformando le intricate e strette vie del centro storico in una sorta di trappola senza via di fuga per chi si è messo in auto nonostante l’evento. Ha parlato molto di Sicilia, Renzi, che ha esordito elogiando la figura di Giusy Nicolini, «sindaca di Lampedusa, a portare l’orgoglio della terra Siciliana» insieme alla delegazione italiana a cena con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama alla Casa Bianca. 

Prima di dedicarsi alla spiegazione dei quesiti presenti sulla scheda del referendum, il premier ha voluto mostrare il logo del G7 di Taormina, che già da oggi circola in rete e che sarà presentato ufficialmente domani. «Sapete com’è andata la vicenda? – racconta – Dovevamo fare il G7 nella mia città, a Firenze, quando, in occasione di un vertice internazionale un autorevole leader ha fatto una battuta particolarmente stupida. Una di quelle battute tipiche delle copertine di decenni fa, dei pregiudizi, dei luoghi comuni che tutti voi avete dovuto subire a lungo e che subiamo ancora come Italia: “La Sicilia è il luogo della mafia”. Ho risposto che la Sicilia era qualcosa che quella personalità non riusciva a capire: è cultura, è teatro, è ideale, è passione, è volontariato, è la capacità di accogliere migliaia di persone senza chiedere niente in cambio, è cibo, è qualità e che prima di parlare della Sicilia questa persona avrebbe dovuto studiare. Da quel momento ho deciso di fare il G7 in Sicilia e non a Firenze». 

«Noi non dimentichiamo la Sicilia della lotta alla mafia». Ha comunque ricordato il presidente del Consiglio «Sono uno di quelli che si è iscritto a Giurisprudenza nel 1993, quando nella mia città un fiorino è stato fatto esplodere non lontano dagli Uffizi. Dopo avere visto le immagini di persone i cui nomi continuano a fare venire i brividi: Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, i tanti che hanno pagato con la vita, il giudice ragazzino, Rosario Livatino, Dalla Chiesa, Nonno Caponnetto che piange i propri nipoti. Quanti di loro hanno segnato la vita di ognuno di noi come italiani, non solo i siciliani. Noi questa lotta per la legalità non ce la dimentichiamo, ma diciamo allo stesso tempo che la Sicilia non è solo questo, la Sicilia ha voglia di essere vista nel mondo per quello che è».

Renzi ha anche concesso un passaggio al Patto per la Sicilia: «Con il presidente Crocetta ci siamo detti che è impossibile che questa terra abbia gli stessi chilometri di coste delle Baleari, delle Canarie, ma che abbia un quinto di turisti di queste realtà che sono oggettivamente più brutte della Sicilia. Dobbiamo cambiare questo stato dell’arte». Poi una lunga e dettagliata spiegazione delle ragioni del Sì e la rassicurazione «Per le Regioni a statuto speciale non cambierà niente» tra gli applausi dei militanti del Partito democratico e di molti dei dirigenti Siciliani tra cui Giuseppe Lupo e Fausto Raciti. E anche il meteo è stato favorevole al presidente, con una pioggia scrosciante che si è abbattuta su Palermo proprio poco dopo l’uscita dal teatro spegnendo così, di fatto, le speranze dei manifestanti, che non sono neppure riusciti a vederlo.


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