Riprende il processo all'ex governatore siciliano e al figlio deputato regionale. Protagonista a sorpresa della testimonianza di un investigatore della squadra mobile etnea è stato però il consigliere comunale Maurizio Mirenda, intercettato durante un incontro poco prima delle elezioni a casa di Nino Balsamo, agli arresti domiciliari, con precedenti per riciclaggio, furto aggravato e associazione a delinquere
Raffaele e Toti Lombardo in aula per voto di scambio «Incontro tra il consigliere Mirenda e il cognato del boss»
Ci sono le intercettazioni telefoniche e ambientali. Gli spunti investigativi di due collaboratori di giustizia di primo piano ma anche numerosi servizi d’osservazione. È il 6 maggio del 2013, qualche settimana prima delle ultime elezioni comunali a Catania, quando la Squadra mobile monitora un incontro avvenuto in una traversa del quartiere di San Cristoforo tra Ernesto Privitera e l’attuale consigliere comunale, eletto in quota autonomista, Maurizio Mirenda (non indagato nell’ambito di questo procedimento e che abbiamo provato a contattare per una replica, senza successo, ndr). L’appuntamento viene raccontato da Alessandro Drago, investigatore della squadra mobile etnea sentito come testimone nel processo per voto di scambio semplice a carico dell‘ex presidente della Regione Raffaele e del figlio, l’onorevole regionale Toti Lombardo. «Avvenne a casa di Nino Balsamo (detto Cicaledda, ndr), che sapevamo essere agli arresti domiciliari, già sorvegliato speciale con precedenti per riciclaggio, furto aggravato e associazione a delinquere».
Un personaggio conosciuto nell’ambiente malavitoso con parentele importanti, come confermato e sottolineato durante il processo su input dei magistrati Rocco Liguori e Lina Trovato. La sorella è infatti Tina Balsamo, arrestata nel febbraio 2014 nell’inchiesta della Dia denominata Prato verde, perché ritenuta dagli inquirenti, come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, «la donna a cui tutti gli affiliati si rimettevano per risolvere le questioni più delicate e la quale a sua volta faceva da tramite con il marito detenuto». Il marito è Orazio Privitera, uomo d’onore e boss di primo piano del clan Cappello – Bonaccorsi, arrestato nel 2010, attualmente recluso al carcere duro e condannato nel processo di primo grado Revenge per tre omicidi.
Non solo le regionali di ottobre 2012 e le politiche dell’inizio del 2013. Le indagini sul presunto voto di scambio nella città di Catania si sono quindi allargate anche al periodo relativo alle elezioni comunali di maggio – di recente oggetto dell’attenzione del presidente della Commissione antimafia Nello Musumeci e di quella nazionale presieduta da Rosy Bindi – che hanno sancito la vittoria del sindaco Enzo Bianco.
Con i Lombardo, accusati di voto di scambio semplice ci sono altre tre persone: l’ex consigliere della prima municipalità in quota Mpa Ernesto Privitera e due suoi parenti, Angelo Marino e Giuseppe Giuffrida. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Privitera si sarebbe adoperato per l’assunzione dei due familiari. Uno di questi, Giuseppe Giuffrida, venne assunto dopo le regionali nella società Ipi srl, impegnata con la Oikos spa nel servizio di nettezza urbana nella città etnea.
Le attenzioni investigative si focalizzarono sui cosiddetti «collettori di voti nei vari quartieri di Catania». Personaggi, alcuni già noti alle forze dell’ordine, come Gianfranco (detto Francesco) D’Aquino, eletto nel 2008 come consigliere della prima municipalità nella lista Autonomia Sud e fratello di Gaetano D’Aquino, ex reggente del clan dei Cappello poi diventato collaboratore di giustizia. Uomini che avevano il compito di procacciare voti. «C’era anche Pantellaro – prosegue il teste – fratello di Giovanni Pantellaro (detto Giocattolo, ndr) pentito dei Cappello». Tra i verbali finiti nell’inchiesta generale della squadra mobile ci sono anche le dichiarazioni di un altro collaboratore, Vincenzo Pettinati.
Al centro del processo sono finite centinaia di intercettazioni telefoniche. Ben 369 chiamate ad esempio vennero ascoltate tra Sebastiano D’Arrigo, addetto alla segreteria autonomista ed ex consigliere comunale dell’Udc (non indagato in questo procedimento, ndr) e Toti Lombardo. «Per ottenere riscontri alle intercettazioni – puntualizza Drago in aula – facevamo i servizi d’osservazione». Da quelli effettuati nei pressi della segreteria dell’Mpa di via Pola fino a quello eseguito alla zona industriale in un magazzino della Ipi. «In quell’occasione – racconta Drago – andarono Marino ed Ernesto Privitera. Depositarono della documentazione per l’assunzione di Giuffrida».
Dalle intercettazioni, riprese da Drago, emergono anche presunti interessi riguardo i lavori in corso nella città di Catania, dal porto all’ospedale San Marco di Librino. «Al porto le società che operavano per la realizzazione della nuova darsena erano la Uniter consorziata con Tecnis, Pavesi, Bosco e Silmar srl mentre nel nosocomio San Marco sempre la Tecnis indicata come capogruppo. La direzione dei lavori di quest’ultima era affidata a Carmelo Leone, più volte menzionato nelle intercettazioni tra Ernesto Privitera e Giuffrida».