Introdurre o no il principio del ripudio della mafia nello statuto speciale della regione siciliana? e' l'interrogativo che sta tenendo banco all' assemblea regionale siciliana. I gruppi parlamentari sono su posizioni differenti. E meno male, visto che si tratta di una svista colossale.
Qualcuno all’Ars pensa di ‘istituzionalizzare’ la mafia
Introdurre o no il principio del ripudio della mafia nello Statuto speciale della Regione siciliana? E’ l’interrogativo che sta tenendo banco all’ Assemblea regionale siciliana. I gruppi parlamentari sono su posizioni differenti. E meno male, visto che si tratta di una svista colossale.
Di sicuro la legge-voto predisposta lo scorso Febbraio dal Governo di Rosario Crocetta, è gia’ all’ordine del giorno dell’Aula, ma rimandata alle commissioni di merito, perché non piace a molti parlamentari. E’ evidente, infatti, che introdurre un articolo del genere, nello Statuto siciliano, che ricordiamo è parte integrante della Costituzione italiana, sarebbe una scelta miope. Significherebbe, in buona sostanza, dare una valenza costituzionale alla mafia. Significherebbe istituzionalizzarla formalmente.
L’argomento si presterebbe a facile satira. Ma è troppo serio pure per l’ironia.
Un articolo del genere, è certo che non servirebbe a niente. Peggio. rischierebbe di trasformarsi in un boomerang, un errore storico che penalizzerebbe ulteriormente i siciliani.
Inserire il principio secondo cui “La Sicilia ripudia la mafia” nella Carta Costituzionale siciliana, infatti, sarebbe come dire che i siciliani finora sono stati mafiosi, e che ora si redimono, tanto da scriverlo sul più più sacro dei loro documenti. Sarebbe come dire che i Padri Nobili dell’Autonomia hanno commesso un errore nel non inserire una tale enunciazione nello Statuto. Considerata la loro levatura morale e intellettuale, sarebbe, forse, un po’ offensivo nei loro confronti.
Ma c’è un altro elemento che, a nostro avviso, merita una maggiore riflessione.
Oltre a marchiare costituzionalmente la Sicilia come “L’isola della mafia”, una norma del genere potrebbe convalidare una delle bugie storiche più devastanti dei nostri tempi: ovvero che la mafia è, ed è stata, una cosa solo siciliana.
Sappiamo dagli storici più seri che questo fenomeno esplode e si struttura con l’Unità d’Italia, sebbene, certo, le radici siano più lontane. E che la prima vittima di questa organizzazione è stata la Sicilia (con il suo sottosviluppo) e i siciliani con le loro condizioni di vita e i loro morti nella guerra contro la mafia.
Sappiamo anche che il ruolo dello Stato italiano (e questo è ormai provato) in questa brutta storia è di primo piano. Ce lo ricorda ogni giorno la cronaca giudiziaria, con le inchieste, ad esempio, sulle trattative Stato-mafia. A questo punto sorge spontanea una domanda: ma non è che dovrebbe essere l’Italia a ripudiare la mafia?
Insomma, la proposta appare un po’ improvvisata. Una proposta che, tra l’altro, non avrebbe alcun risvolto concreto. Cosa cambierebbe dopo che questa norma è stata inserita nello Statuto? In Sicilia sparirebbe la mafia? Pure se fosse così, per assurdo, basterebbe varcare lo Stretto e risalire per lo Stivale per ritrovarla in perfetta forma.
Non è da sottovalutare, poi, l’elevazione a soggetto giuridico e politico che la mafia deriverebbe dalla sua istituzionalizzazione. Il suo nome, inciso per sempre, nella Carta costituzionale siciliana.
La pulizia contro la mafia può essere fatta, del resto, a livello istituzionale, in altro modo: a partire per esempio dall’attuazione dell’art. 31 dello Statuto:
“Al mantenimento dell’ordine pubblico provvede il Presidente della Regione a mezzo della Polizia di Stato, la quale nella Regione dipende disciplinarmente, per l’impiego e l’utilizzazione, dal Governo regionale…”.
Ma, forse, sarebbe ancora meglio cominciare a trattare le questioni legate all’Autonomia in maniera più organica e più strutturata. Cominciando dalle urgenze: la prima è l’istituzionalizzazione della volontà politica che ufficialmente sposa la causa a sostegno della sua applicazione. Volontà che al di là degli annunci, pare non esserci.
Poi magari, il secondo passo potrebbe essere quello di concentrarsi sulle previsioni finanziarie e tributarie (gli articoli 36-37-38 dello dello Statuto) che, in un momento di crisi economica come quello che stiamo vivendo, potrebbero contribuire alla rinascita economica della nostra terra. Ma, anche su questo argomento il Governo Crocetta si è dimostrato insensibile, piegato come è ai diktat del Governo nazionale, servo delle oligarchie europee, e ben rappresentato in Sicilia dall’assessore regionale all’Economia, Luca Bianchi da Roma.
Appurato che questo Governo, dell’Autonomia siciliana, essenzialmente se ne frega, sarebbe auspicabile che i deputati siciliani dell’Ars si impegnassero affinché non si macchi indelebilmente lo Statuto e la memoria dei sui Padri con operazioni di propaganda inutili e dannose.
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