In una calda sera d'agosto, nel cuore della sicilia, lontano dai rumori della città e dei palazzi della politica, la presentazione di un libro destinato a diventare un must per tutti coloro che vogliono riscoprire la proprio storia: "introduzione allo studio dell'autonomia siciliana - educazione alla cittadinanza attiva" di massimo costa, docente di economia aziendale all'università di palermo e tra i principali esperti in tema di autonomia.
Qualcosa si muove nel cuore della Sicilia
In una calda sera d’Agosto, nel cuore della Sicilia, lontano dai rumori della città e dei palazzi della politica, la presentazione di un libro destinato a diventare un must per tutti coloro che vogliono riscoprire la proprio storia: “Introduzione allo studio dell’Autonomia siciliana – Educazione alla cittadinanza attiva” di Massimo Costa, docente di Economia Aziendale all’Università di Palermo e tra i principali esperti in tema di Autonomia.
Un testo pensato per lo studio dello Statuto nelle scuole, peraltro previsto da una legge del 2011 e recentemente finanziato in bilancio, almeno in teoria.
L’incontro è avvenuto in una radura, in aperta campagna, all’interno di una villa privata, nel baricentro geografico dell’Isola, in un contesto suggestivo dalle parti di Pietraperzia, in provincia di Enna. All’imbrunire, in un prato circondato da luci e da alberi, si trovavano una cinquantina di sedie, tutte occupate e una ventina di altre persone in piedi o sedute sui sassi e sui vialetti.
I relatori stavano dietro un piccolo tavolo bianco circondato, o meglio, adornato di bandiere della Sicilia, alcune delle quali pendevano dagli alberi circostanti.
C’era qualcosa di cavalleresco e di magico, si respirava una freschezza, non solo aerea, insolita per la presentazione di un libro.
L’incontro è stato organizzato dall’Associazione “Noi Siciliani Liberi”, fondata dall’avvocato Antonietta Pititto, che ha prodotto la prima versione del libro, a carattere divulgativo e non ancora destinata al commercio e alla scuola propriamente detta, che ha invitato persone di varia estrazione e motivazione, fra questi molti imprenditori agricoli della zona.
L’Associazione, da poco costituita, non presentava solo il libro ma anche se stessa, invitando i partecipanti ad associarsi e a militare per le finalità principali che questa si è data nel segno della Sicilia. Avendo fatto, su alcune iniziative particolari, un percorso comune con i Forconi, tra i relatori c’era anche Mariano Ferro.
Dopo una introduzione affidata alla Presidente dell’associazione, la parola è stata data al Prof. Costa che ha spiegato il senso di questa nuova pubblicazione e la missione dell’Associazione stessa. Intervento tutto sommato breve, poco più di mezzora, ma coinvolgente e appassionato come sempre, concreto, lucido, privo di inutili divagazioni retoriche.
In sostanza Costa, al di là di cose che ha già detto in altre occasioni, ha legato la “Questione siciliana” ad una più ampia riflessione sulla crisi del mondo occidentale ed alla ferocia che l’Impero riesce ad avere sulle sue province periferiche in questo momento di crisi, soffermandosi sulla necessità che, realisticamente, la Sicilia faccia tutto ciò che è in suo potere per scrollare di dosso le catene.
Il protagonista, ovviamente, è stato il libro, un opuscolo snello ma di eccezionale chiarezza e precisione, anche graficamente bello a vedersi.
Pieno di immagini, di cartine storico-geografiche, di schemi istituzionali che rappresentano le passate costituzioni della Sicilia, di simboli, antichi e moderni, dell’Isola. Si vede il gran lavoro che c’è dietro e il fatto che questo libro copre effettivamente un vuoto. Ma si deve leggere, non può raccontarsi per scritto. Il tono del libro è però prudente, istituzionale, conforme allo Statuto che c’è, non a quello che “ci vorrebbe”.
Il relatore ci teneva spesso a distinguere la sua opinione personale, di fatto indipendentista, dalla descrizione didattica dell’ordinamento vigente.
Dopo ha illustrato tre obiettivi a breve dell’Associazione: diffondere la conoscenza dello Statuto nelle scuole, portare avanti, anche insieme ad altri soggetti, iniziative istituzionali concrete per dare attuazione “sostanziale” a quello che è lo spirito dello Statuto quando la lettera è stata ormai corrosa da interpretazioni e prassi avverse alla Sicilia, creare – perché no – una “Vera” scuola di formazione politica dalla quale sfornare la nuova classe dirigente dell’Isola.
Su una cosa è stato fermo: “Non ci vuole assolutamente il 34mo partitino!”. Sarebbe, a suo dire, il più grande degli errori. Bisogna oggi coinvolgere le persone attraverso, e soprattutto fuori, dai partiti.
Dopo di che la parola è passata a Ferro. Il quale ha ricordato come oggi le parole stiano acquisendo un significato opposto a quello ordinario e come si assiste al paradosso di una finta mobilitazione per un evasore fiscale mentre gli imprenditori sono schiacciati proprio dall’aggressione del fisco e della concorrenza scorretta. Per Ferro bisogna muoversi con atti concreti, visto il rapido deterioramento dell’economia siciliana. Nel complesso, però, ha riportato il discorso su un piano strettamente politico, pur con l’umiltà nel riconoscere le difficoltà e gli errori che questa rivoluzione dal basso comporta e ha comportato.
Sono seguiti diversi interventi, tutti molto accesi. Alcuni sono stati soltanto una polemica contro i Forconi, accusati da qualcuno di avere inferto solo danni all’economia senza dare soluzioni; polemica cui ha risposto in parte Ferro, in parte Franco Crupi, dal pubblico, in modo netto, sottolineando come senza infliggere alcun disagio a nessuno, la protesta sarebbe restata del tutto inutile e inascoltata.
Ma il cuore degli interventi ha riguardato le prospettive della Sicilia evocate dall’intervento di Costa, soprattutto quando sottolineava l’importanza di superare l’intermediazione parassitaria che strangola le imprese agricole, e non solo, siciliane, o di avere finalmente emissione di credito propria, senza più ricorrere all’usurocrazia europea.
Questi temi hanno acceso gli animi e fatto porre interrogativi relativamente nuovi per quello che dovrebbe essere un popolo inerte. Solo un intervento è stato invece, sia pure garbatamente, polemico con il Prof. Costa: in questo si dava fiducia all’Europa, nientedimeno al Partito democratico e alla collocazione geopolitica nell’Occidente che avrebbe garantito per lo meno la pace.
La risposta del Prof. Costa su questo intervento è stata pacata, ma ferma, soprattutto nella denuncia dell’imperialismo e nel pronosticare comunque una fine “greca” se non ci ribelleremo. Solo nel momento in cui l’intervenuto ha osato dire “La Sicilia non è mai stata un regno…” ha perso l’aplomb dicendo “Questo no! Non glielo consento! La storia non si può cambiare a piacere!”. E devo dire che è stato uno dei momenti più intensi (quando ci vuole, ci vuole).
Il “casus belli” di quest’ultimo intervento, in realtà, era stato scatenato da una domanda dal pubblico in cui si chiedeva “Ma che dobbiamo fare alle prossime elezioni europee?”. Costa aveva risposto che l’Associazione, essendo apartitica, non può e non deve avere una posizione elettorale, ma che lui, a titolo personale, considerava le elezioni europee non solo inutili, in quanto elettrici di un ente parassitario e privo di poteri quale il Parlamento europeo, ma addirittura dannose, in quanto legittimatrici della tirannia europea.
Questo argomento, magari, gli chiederemo meglio di spiegarlo in un’intervista apposita.
Per oggi ci basta ricordare come dal ventre della Sicilia sia partito un movimento che siamo certi i potenti di oggi dovrebbero tenere d’occhio con molta attenzione.
C’è qualche ragione per sperare bene per la libertà del Popolo Siciliano.