«Mi chiamano “la pusher dell’Asp“. E pensare che io non ho mai nemmeno fumato uno spinello». A essersi fatta la nomea di spacciatrice dell’azienda sanitaria provinciale di Catania è Maria Luisa Granata, medica dell’ospedale Acireale, che prescrive ai propri pazienti anche la cannabis terapeutica. Una mosca bianca tra i colleghi che la guardano ancora con […]
«Mi chiamano la pusher dell’Asp»: parla uno dei pochi medici siciliani a prescrivere la cannabis
«Mi chiamano “la pusher dell’Asp“. E pensare che io non ho mai nemmeno fumato uno spinello». A essersi fatta la nomea di spacciatrice dell’azienda sanitaria provinciale di Catania è Maria Luisa Granata, medica dell’ospedale Acireale, che prescrive ai propri pazienti anche la cannabis terapeutica. Una mosca bianca tra i colleghi che la guardano ancora con «immotivato pregiudizio e, in qualche caso – spiega a MeridioNews la dottoressa in Anestesia, Rianimazione e Terapia del dolore – mi accusano perfino di drogare e di fare sballare i miei pazienti». Ed è questo tipo di resistenza da parte dei medici che, nell’Isola, è tra gli ostacoli che compromettono l’accesso alla terapia con la cannabis che, per alcuni tipi di malattie, è perfino gratis per i pazienti. Nonostante il decreto del 2020 – con cui è stato approvato l’uso della cannabis terapeutica con rimborsabilità a carico del sistema sanitario regionale – in molti sono ancora costretti ad atti di disobbedienza civile per averla e utilizzarla come medicinale.
Sono più di cento i pazienti in tutta l’Isola (non solo da Catania e provincia, ma anche dal Palermitano, dal Siracusano e dal Ragusano) a cui solo la dottoressa prescrive la cannabis come farmaco. Molti, però, non appartengono alla categoria di chi ha diritto, per legge, alla rimborsabilità. «Al momento – elenca Granata al nostro giornale – ho pazienti che vanno dai 22 agli 86 anni. E sono soprattutto persone con l’Alzheimer, con fibromialgia e anche malati di tumore sottoposti a chemioterapia». Controindicazioni quasi pari a zero a fronte di risultati immediatamente tangibili. «Ho visto anziani condannati su una poltrona e spenti che, dopo la terapia con la cannabis, sono tornati alla loro vita – racconta la dottoressa – fibromialgici iscriversi in palestra e chi fa la chemio ritrovare l’appetito».
Eppure, tra i medici resta il pregiudizio che «se parli di cannabis, stai comunque parlando di sostanza stupefacente», riferisce Granata che a questo tipo di terapia si è avvicinata poco più di tre anni fa, dopo un viaggio di piacere in Giamaica, l’isola delle Caraibi. «Ho visto come la usavano, mi sono incuriosita subito e, quando sono tornata – racconta – ho cominciato a studiare e ho trovato degli studi fantastici in America che mi hanno aperto un mondo». Un mondo che la medica ha subito scelto di non tenere solo per sé. «Il primario Giuseppe Rapisarda non mi ha mai ostacolata, anzi mi ha supportata e sostenuta. In un primo momento – aggiunge – anche dalla farmacia dell’Asp il progetto è stato accolto bene». Al punto che Granata riesce a inserire tra i pazienti per cui la cannabis medica è gratuita anche due malati di Parkinson, patologia che non rientra nel decreto regionale. Da un anno, però, non è più così. «Solo che – afferma – una volta visti i risultati, non si può più tornare indietro: poche gocce di olio di cannabis e il tremore diminuisce sensibilmente».
Come un qualsiasi altro farmaco, anche la cannabis terapeutica si può acquistare in una farmacia galenica. Un flacone di olio da 100 millilitri – che, in media, dura circa un mese – costa 180 euro. Per una terapia più efficace, spesso se ne deve associare più di uno e, così, si arriva a un costo che si aggira attorno ai 350 euro al mese. «Ma anche pazienti che erano partiti scettici, poi non vogliono più tornare indietro. E non perché crei dipendenza – afferma Granata – ma perché è una sostanza naturale, che non ha gli effetti collaterali di altri medicinali e assunta con una terapia e un dosaggio cuciti sulla persona. È per eccellenza – continua la dottoressa dell’Asp – il rimedio contro i dolori neuropatici». Chi ne è affetto torna a dormire la notte, a mangiare, a lavorare, a guidare, torna piano piano alla vita. «E vale per le moltissime donne (dai 22 ai 36 anni) che ho in cura con la cannabis terapeutica per la fibromialgia e – spiega Granata – per gli anziani malati di Alzheimer che arrivano accompagnati dai figli. Il più anziano dei miei pazienti a cui ho proposto la cannabis medica ha 86 anni ed è neoplastico», conclude la medica che di recente sta approfondendo anche degli studi sull’utilizzo della cannabis terapeutica in bambini con autismo.