Una scelta su cui nessuno avrebbe scommesso. L’ormai ex numero uno del Calcio Catania Antonio Pulvirenti ha deciso di ammette le sue responsabilità nel corso del lungo interrogatorio di garanzia in cui è stato il protagonista assoluto. «Ho comprato cinque partite a centomila euro ciascuna. Tutto è iniziato con l’incontro tra Varese e Catania – questi i termini con cui si sarebbe rivolto al giudice Fabio Digiacomo, secondo quanto riferito dal procuratore capo etneo Giovanni Salvi -, ma se l’ho fatto è stato solo perché volevo salvare il Catania». Un faccia a faccia durato oltre un’ora in cui però è arrivato anche il respingimento di ogni accusa sul presunto giro di scommesse che avrebbe affiancato ogni combine dell’ultimo campionato di calcio. «Ha detto di aver comprato e mai scommesso», continua Salvi rivolgendosi ai giornalisti. «Il signor Pulvirenti ha ammesso di aver avuto dei contatti con altri soggetti al fine di condizionare il risultato di alcuni incontri e ciò al fine di salvare dalla retrocessione il Catania – precisano poco dopo i suoi legali in una nota – Ha tuttavia manifestato la convinzione, anche alla luce della lettura degli atti, che tali contatti non abbiano avuto nessuna reale incidenza sull’esito degli incontri in questione».
La scelta di Pulvirenti, di fatto, ha scoperto sul tavolo le carte della partita giudiziaria che giocano nel ruolo di registi i suoi avvocati Giovanni Grasso e Fabio Lattanzi, del foro di Bari. Il professore universitario catanese Grasso, già difensore dell’imprenditore puntese Sebastiano Scuto, aveva inizialmente rimandato al mittente ogni accusa. «Il presidente – aveva spiegato l’avvocato subito dopo l’arresto del patron rossazzurro -, è certo di poter dimostrare la sua totale estraneità ai fatti». Parole che dopo la confessione di oggi segnano un netto cambio nelle scelte difensive. «Verificheremo il tutto – continua Salvi – e poi ci sarà la scelta del giudice». Pulvirenti, attualmente agli arresti domiciliari, potrebbe quindi tornare in libertà. In caso contrario una delle scelte dei legali potrebbe essere quella di fare ricorso. Camicia bianca con maniche rimboccate e pantaloni blu, l’imprenditore etneo è uscito dal palazzo di giustizia, accompagnato da decine di uomini della polizia, da una porta laterale senza rilasciare nessuna dichiarazione, essendo sottoposto a una misura cautelare. Il suo volto, corrucciato e serio, con mani dietro la schiena e labbra serrate vale però più di mille parole.
Ha detto di aver comprato le partite ma di non aver mai scommesso
A essere coinvolto nell’inchiesta c’è anche l’ex procuratore argentino Pablo Cosentino (nella foto). Il dimissionario amministratore delegato del Catania e braccio destro di Pulvirenti è finito nell’elenco dei 19 indagati, accusati a vario titolo di truffa e frode sportiva, che avrebbero di fatto falsato il campionato cadetto. Accompagnato dall’avvocato Carmelo Peluso, Cosentino così come l’ex patron dei rossazzurri ha scelto di parlare davanti al giudice. «Il mio assistito ha solo detto che non c’entrava nulla – afferma il legale – Il giudice gli ha chiesto che opinione si fosse fatto e lui ha risposto: “Se è vero quello che c’è scritto qui, è una follia“». Quello che è accaduto, secondo Cosentino, sarebbe «incompatibile con il suo ruolo all’interno del Catania Calcio». Perché, precisa Peluso, se il suo compito era far vincere il campionato, «andare a corrompere per vincere le partite sarebbe stato come ammettere il suo fallimento».
Diametralmente opposta la linea dell’avvocato barese Gaetano Sassanelli che difende Giovanni Luca Impellizzeri, titolare di agenzie di scommesse sportive. Il presunto intermediario ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Una toccata e fuga in un palazzo di giustizia blindato come accade solo di rado. Impellizzeri è stato immortalato insieme a Pulvirenti in numerosi pedinamenti dell’indagine dagli uomini della Digos, ma anche da uno scatto esclusivo pubblicato da MeridioNews. Incontri, quelli tra i due, che si sono svolti a ridosso delle partite finite nel mirino dell’inchiesta, in cui si sarebbe concretizzato, secondo la ricostruzione investigativa, l’acquisto delle partite.
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