Doveva essere il grande giorno di Massimo Russo ma l’attesa è stata tradita dalla presentazione di un documento che ne attestava l’assenza in aula per impegni professionali. È saltata così, con rinvio a settembre, la testimonianza dell’ex assessore alla Sanità del governo che è stato di Raffaele Lombardo. Il magistrato che per un periodo si era prestato anche alla politica era stato chiamato nelle aule del palazzo di giustizia di Catania per raccontare della vicenda amministrativa legata al processo d’affidamento senza gara d’appalto del servizio d’informatizzazione del Pta di Giarre (Presidio territoriale d’assistenza, ndr). La convenzione, che viene ratificata il 30 luglio 2010 nel periodo in cui si segna l’ingresso nella nuova giunta regionale di Lombardo del Partito democratico, ha portato a processo – accusati a vario titolo di truffa e abuso d’ufficio – il senatore ed ex manager della sanità Antonio Scavone, Melchiorre Fidelbo, affidatario del servizio tramite la società Solsamb srl e marito della senatrice del Partito democratico Anna Finocchiaro, Giuseppe Calaciura e Giovanni Puglisi, entrambi in passato direttori dell’azienda sanitaria provinciale.
Saltata l’audizione di Russo è toccato ad Angelo Aliquò uno dei suoi fedelissimi negli uffici palermitani di piazza Ottavio Ziino. Ex componente della segreteria tecnica e dal 2010 coordinatore Aliquò è stato nominato dall’assessora Lucia Borsellino, direttore generale dell’azienda che gestisce addetti e ambulanze del servizio del 118 salvo poi l’uscita di scena con dimissioni farcite da una forte dose di polemiche. «Io ho incontrato Fidelbo in assessorato – spiega in aula il testimone – almeno un paio di volte. Sicuramente parlava spesso con Russo quando non aveva appuntamento con me». Incontri e faccia a faccia con al centro il progetto della casa della salute poi rinominato in Pta, «che era un cavallo di battaglia della riforma della sanità che voleva portare avanti l’assessore», precisa Aliquò.
Il vero nodo da chiarire, secondo il magistrato Alessandro La Rosa, è con quale titolo il marito della senatrice Finocchiaro si presentava davanti a funzionari e dirigenti della sanità siciliana con la documentazione. «Diceva di essere un medico? Rappresentava gli interessi di un privato?», chiede il pm ripetutamente spazientendo a più riprese gli avvocati presenti in aula. «Io lo conoscevo come un medico che rappresentava l’azienda sanitaria provinciale di Catania, che era quella che si doveva poi occupare del progetto, se così non era lo apprendo solo adesso – rivela il testimone – evidentemente mi era stato presentato così».
«Ma perché proprio Giarre e quel progetto?» continua La Rosa. «Non ricordo ci fossero altre proposte, questo era il primo caso in cui si parlava di casa della salute ed era assolutamente coerente con gli obiettivi del dottore Russo». Proprio l’ex pm antimafia sarà uno degli ultimi testimoni chiave del processo. Un’audizione fissata per la tarda mattinata e che proseguirà a oltranza segnando un ritorno al passato dopo quel 15 novembre 2010 quando a Giarre una foto lo immortalava insieme a Giuseppe Calaciura, Melchiorre Fidelbo, la moglie e senatrice Pd Anna Finocchiaro e Livia Turco, ministra della Salute dal 2006 al 2008 nel secondo governo di Romano Prodi. Tutti intenti a tagliare il nastro del nuovo Pta.
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