«Non è stata una gravidanza non voluta e non desiderata. Nella scala di valori ho parlato di studio e lavoro perché pensavo a una sistemazione non per me, ma per un futuro dignitoso per la bambina. Per poterle dare tutto quello che i bambini meritano». Sono le parole di Martina Patti – la 24enne imputata […]
Infanticidio Elena Del Pozzo, parla la madre che l’ha uccisa: «Pensavo a un futuro dignitoso per la bambina»
«Non è stata una gravidanza non voluta e non desiderata. Nella scala di valori ho parlato di studio e lavoro perché pensavo a una sistemazione non per me, ma per un futuro dignitoso per la bambina. Per poterle dare tutto quello che i bambini meritano». Sono le parole di Martina Patti – la 24enne imputata per avere ucciso la figlia di quattro anni Elena Del Pozzo e per averne occultato il cadavere, dopo avere inscenato il rapimento da parte di un commando armato, a Mascalucia nel giugno del 2022 – con si si è chiusa l’udienza di oggi del processo. Dichiarazioni spontanee che la donna ha chiesto di fare davanti alla corte dopo avere ascoltato la ricostruzione della relazione della perizia fatta dallo psicologo Roberto Cafiso. Il perito incaricato dalla procura che in carcere l’ha incontrata due volte: la prima per un colloquio e poi per somministrarle il test di Rorschach. Uno strumento fatto con dieci tavole grafiche per analizzare la personalità.
«Una personalità immatura con disturbo narcisistico e istrionico, con scarsa capacità all’introspezione e una tendenza all’impulsività e a eruzioni emotive». È così che Cafiso ha sintetizzato la personalità dell’imputata che sarebbe venuta fuori dai risultati della perizia, parlando anche di una «gravidanza non concertata ma poi gestita». L’unico punto su cui Martina Patti si è sentita di intervenire in lacrime per fare le proprie precisazioni. Da un colloquio in cui è apparsa «tranquilla, presente a se stessa, con un atteggiamento disponibile e collaborativo senza particolare tendenza alla manipolazione», lo psicologo ha dedotto anche «un forte bisogno di consenso» e «problematiche affettive». Dal colloquio con la donna sarebbero venuti fuori il rancore per l’ex partner (il padre della bambina) da cui non si sarebbe sentita trattata bene e un profondo legame con la famiglia di origine. «Ha raccontato che, quando tutto è venuto fuori, temeva di perdere la fiducia del padre. Sulla nuova relazione – aggiunge il perito – solo un accenno a un uomo ma solo come amico. Quello con la figlia lo ha descritto come un ottimo rapporto, che giocavano insieme che nell’ultimo periodo aveva una tosse molto intensa ma ha sottolineato che non le dava fastidio».
Il primo a rispondere alle domande del pubblico ministero e degli avvocati delle parti è stato il medico legale Giuseppe Ragazzi. Il professionista che, prima di effettuare l’autopsia, ha anche partecipato attivamente alle operazioni di disseppellimento del cadavere della bimba. Come quando sono state mostrate le foto del corpo senza vita della figlia, anche questa volta, Martina Patti ha scelto di uscire dall’aula Serafino Famà del tribunale di Catania. «Quando sono arrivato sul luogo del delitto – racconta Ragazzi – la bambina era ancora inumata, si vedeva solo una parte del gluteo». Il cadavere, infatti, all’interno della fossa era a testa in giù e con la testa e il collo dentro cinque sacchi di plastica nera, quelli che si usano per la spazzatura. «Ho notato subito lesioni da punta e da taglio sulle spalle, sulle scapole, sul collo, sulla testa e in faccia», ripercorre il medico legale che nel corso dell’esame autoptico ha potuto confermare le sedici ferite «inferte con forza e determinazione tale da fare arrivare la lama fino in fondo. Alcune lesioni – precisa Ragazzi – sono più superficiali ma c’è da considerare che la bambina si muoveva. Le due più gravi all’altezza del collo. Una di queste ha causato il decesso per uno shock emorragico. Io – chiarisce – credo che sia stata una morte rapida ma non immediata».