Il ritorno delle processioni pasquali in Sicilia. Sacerdote: «Se continuano così, scompariranno»

Da ‘U Gioia a Scicli alla Madonna vasa-vasa di Modica, dalla Sciaccariata di Ferla alla processione degli incappucciati di Enna, dalle Barette di Messina al ballo dei diavoli di Prizzi. Le processioni pasquali riprendono in pieno in tutte le parti della Sicilia. Archiviate le restrizioni degli anni passati, dovute alle questioni sanitarie per la pandemia da Covid-19, per la Pasqua sull’isola tornano tutte le tradizionali feste con tanto di riti suggestivi che spesso poco hanno a che fare con la fede in senso stretto, molto con il folklore e, in certi casi, anche qualcosa con la criminalità e la gestione da parte di piccoli o grandi centri di potere. C’è un prete nell’Agrigentino che, già dall’anno scorso, porta avanti l’idea di abolire tutte le processioni perché «sono più passeggiate che atti di devozione». In tutt’altra posizione è fermo, invece, un parroco del Siracusano convinto che «queste feste servono a rendere manifesta una gioia che può avvicinare al Signore». E poi c’è una terza via che arriva dal Ragusano, dove si prova a coniugare la tradizione con la devozione attraverso la cultura: «Non possiamo fare finta che le storture nelle feste religiose non esistano, ma non per questo dobbiamo eliminarle».

Santi che ballano e diventano idoli

«Ci facciamo in mille per organizzare una festa di un santo, anche se davanti a Dio siamo indifferenti. La nostra religione è diventata fare feste, fare ballare i santi e baciare le loro immagini». Don Antonio Nuara, parroco della chiesa Immacolata di Ribera (in provincia di Agrigento), ha ottant’anni ed è attivo quotidianamente sul suo profilo social dove pubblica contenuti che «so bene possono attirare le critiche anche da parte di altri sacerdoti», confida a MeridioNews. È lui che l’anno scorso ha proposto di abolire le processioni e, anche quest’anno, non accenna a fare nessun passo indietro. «Le feste e le statue possono avere un valore religioso – riconosce parlando con il nostro giornale – ma se non c’è una fede profonda alla base, allora diventano solo idoli per gente che non solo non frequenta la chiesa, ma che bestemmia anche in processione e che è sciarriata (ha litigato, ndr) perfino in famiglia. Senza considerare – aggiunge don Nuara – la presenza dei mafiosi sui fercoli». Per spiegare meglio la sua idea, don Nuara fa riferimento a un passo della Bibbia: «”Il popolo si dimenticò di Dio e cominciò ad adorare il serpente. E Dio ordinò di distruggerlo“», riporta il prete convinto che sia una storia di estrema attualità. «Oggi le soluzioni sono due – commenta don Nuara – o ritorniamo a vivere la fede oppure, se non cambia niente e restano come sono anche a livello di chi le organizza, le feste andranno scomparendo. E non dimentichiamo – conclude – che Gesù cacciò tutti dal tempio a frustate».

La tradizione e la devozione

Da ferlese, prima ancora che da prete della parrocchia San Giacomo di Ferla, parla don Roberto Corrado Garro: «Le tradizioni delle feste pasquali devono continuare così come sono nate oltre 160 anni fa». Nella cittadina in provincia di Siracusa tutto l’anno si aspetta la mezzanotte del sabato santo per la Sciaccariata. Un evento che dura da secoli ed è stato inserito anche nel Registro dei beni immateriali della Regione Siciliana. Spente le luci del borgo, si accendono le sciaccare – fiaccole realizzate in modo particolare seguendo con rigore la tradizione – e si corre per le vie seguendo il simulacro del Cristo appena risorto. «C’è un mix devozione e c’è il folklore. Proprio per questa occasione, in molti e anche giovani si avvicinano per partecipare all’organizzazione della festa e portare il fercolo», spiega al nostro giornale don Roberto. Che, oltre a essere parroco da 27 anni nella cittadina del Siracusano, a Ferla ci è anche nato. «Ho dei bei ricordi di questa festa fin da quanto ero un bambino. Questa è una tradizione – sottolinea – che io per primo sento molto, sia da cittadino che da sacerdote, in ognuno degli aspetti e che ogni anno che ogni anno continua ad attirare visitatori e turisti».

La cultura come guardiana della memoria

«Serve andare oltre la dicotomia tra fede e folklore per capire l’importanza dell’eredità delle feste religiose». In media stat Valerio Petralia, il direttore dell’ufficio comunicazione della parrocchia collegiata Santa Maria di Betlem che organizzata la festa della Madonna vasa-vasa a Modica, in provincia di Ragusa. «È necessario un equilibrio tra i due aspetti della festa e, proprio per questo – spiega a MeridioNews Petralia che è anche il presidente dell’associazione culturale La via delle Collegiate – abbiamo avviato un progetto di valorizzazione della festa che parte dal recupero delle tradizioni storiche». Nelle buone intenzioni, documenti di archivio e testimonianze anche orali, dovrebbero fare della cultura la vera custode del senso della festa le cui prime notizie risalgono attorno ‘600. «L’elemento della fede – aggiunge – non può mai essere messo da parte. Perché, altrimenti, da rappresentazione sacra si trasforma in teatro. Ovviamente, non possiamo fare finta che le storture nelle feste non esistano ma – conclude Petralia – questo non deve portare a pensare di abolirle, quanto piuttosto a impegnarsi per recuperarne la vera radice». Insomma, non si può buttare via il bambino con l’acqua santa.


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