A denunciarlo è Gaetano Garofalo, del movimento Posteggiamo i posteggiatori, da anni in prima fila nel combattere questo fenomeno. «Attualmente mancano strumenti efficaci per un reale contrasto. Si stanno diffondendo ovunque, anche al di fuori del Sud. La nostra speranza è che anche il Parlamento ne prenda atto»
Posteggiatori abusivi, cittadini: «Serve arresto» «Presidiano vie e piazze per conto della mafia»
«C’è un legame strettissimo tra Cosa nostra e parcheggiatori abusivi, ed è stato accertato in molti processi. Nell’operazione Apocalisse 2, ad esempio, viene mostrato il rapporto di alcuni di loro con le famiglie mafiose, che diventano sostanzialmente presidi fissi di controllo dei territori. Non vale per tutti, ma per molti questo è sicuramente vero». A denunciarlo è Gaetano Garofalo, nel direttivo del movimento Posteggiamo i posteggiatori di Palermo, da sei anni in prima fila nel contrastare questo fenomeno il cui motto, non a caso, è «uniti contro il pizzo di strada». Un costume che in passato, forse, era più tollerato per via della funzione sociale che apparentemente assolveva, ma che sempre più è osteggiato e combattuto, come testimoniano numerosi articoli di cronaca. Sono diversi, infatti, i casi di automobilisti che hanno subito danni o perfino sono rimasti vittime di aggressioni da parte di posteggiatori abusivi per essersi ribellati alla richiesta di «offrire un caffè».
«Non tutti sono delinquenti o direttamente legati a Cosa nostra – prosegue Garofalo -, ma non dobbiamo dimenticare che, negli altri casi, c’è comunque la questione della spartizione del territorio: non si può lavorare senza chiedere il permesso alle famiglie. Molto spesso, anche quelli non direttamente collegati, devono versare una percentuale di ciò che guadagnano per rimanere lì». Contrastare questi soggetti è anche un modo per dire no alla mafia? «Assolutamente sì – sottolinea – anche perché se fosse vero che la maggior parte di questi soggetti è collegata ai clan, siamo di fronte a un controllo del territorio impensabile, che le nostre forze dell’ordine possono solo immaginare».
L’associazione da tempo promuove la propria attività con manifestazioni in piazza e sui social: «Il nostro movimento tende alla sensibilizzazione – spiega Garofalo – e invitiamo a fotografare e pubblicare i danni provocati dai posteggiatori abusivi nei confronti di chi si rifiuta di pagare. Si chiama Io ci metto la faccia. E poi, sulla nostra pagina facebook condividiamo notizie, proposte e soluzioni adottate da altre amministrazioni d’Italia per affrontare il problema». Un percorso che, alla lunga, sembra dare i suoi frutti, come racconta lo stesso Garofalo: «Negli anni c’è stato un cambiamento tangibile dal punto di vista della sensibilizzazione e della percezione del fenomeno, prima più tollerato. Fino a qualche anno fa, nei confronti dei parcheggiatori abusivi forse prevalevano più i commenti positivi. Oggi, invece, si registra un coro unanime di condanne contro questo fenomeno perché ci si è resi conto della sua portata e della sua estensione».
Tra le proposte studiate dal movimento per aiutare chi non vuole piegarsi al ricatto dei parcheggiatori, c’è anche un vademecum, una sorta di guida-denuncia. Però, anche in questo caso, per denunciare è necessario che ci sia o un danneggiamento aggravato, o un reato di estorsione, spesso difficile da dimostrare. «Noi cerchiamo di promuovere nuovi strumenti giuridici per contrastare questo fenomeno perché, allo stato attuale, serve una legge nazionale». Attualmente, il codice della strada prevede soltanto una sanzione amministrativa che si rivela inefficace perché si tratta di soggetti quasi sempre nulla tenenti. «Per questo – prosegue – chiediamo da tempo la formulazione di una nuova proposta di legge. Una battaglia sposata anche dal sindaco Orlando che più volte ha chiesto un provvedimento legislativo che consenta alle forze dell’ordine di arrestare chi viene denunciato. Ad ogni modo, siamo fiduciosi perché i posteggiatori abusivi si stanno diffondendo ovunque, anche al di fuori del Sud. La speranza – conclude – è che anche il Parlamento ne prenda atto».