Più una questione di pianificazione che di soli calcoli. Dietro la bocciatura della Corte dei conti al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina pesano incognite e rischi. Sollevati già da più parti. Ed è qui che le posizioni si separano. Da un lato c’è il governo di Giorgia Meloni, che ha scelto di andare […]
Ponte sullo Stretto, le domande senza risposta: rischio incompiuta tra fondi incerti e analisi rimandate
Più una questione di pianificazione che di soli calcoli. Dietro la bocciatura della Corte dei conti al progetto del Ponte sullo Stretto di Messina pesano incognite e rischi. Sollevati già da più parti. Ed è qui che le posizioni si separano. Da un lato c’è il governo di Giorgia Meloni, che ha scelto di andare dritto, aggirando un ostacolo alla volta, con un orizzonte temporale a breve termine. Dall’altro, il controllo preventivo della Corte dei conti, per evitare il rischio di un’ennesima incompiuta all’italiana. Che scontenterebbe tutti: sia i favorevoli che i contrari al Ponte. In un clima infuocato, tra minacce istituzionali e riunioni urgenti a Roma. E il gossip politico che vuole il principale portabandiera del Ponte, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, quasi sollevato. Per una decisione, quella dei giudici, che lo solleva dalla responsabilità di un eventuale flop a cantieri già aperti.
Le verifiche della Corte dei conti sui rischi futuri
Nella sua verifica degli atti, i giudici contabili valutano la programmazione dell’opera, per come esposta nella delibera Cipess (l’apposito comitato interministeriale per la programmazione economica) di agosto 2025, con cui si approva il progetto definitivo. Specie in relazione all’uso delle risorse Fsc (Fondo per lo sviluppo e la coesione). Ai giudici tocca valutare non solo i conti, ma anche la tenuta del piano davanti alle variabili che potrebbero far lievitare la spesa. Stimata nel 2023 in oltre 13 miliardi di euro. La Corte dei conti aveva chiesto al governo una serie di chiarimenti su alcuni punti. Dalla fattibilità tecnica – con l’assenza di un progetto esecutivo – alle stime di traffico e relativi ricavi, non aggiornati. Passando per le procedure di compatibilità ambientale – superate con l’interesse nazionale, ma senza alcuna prova – e, quasi elementare, la completezza della spesa a bilancio. Domande quasi da programmazione familiare, ma aperte da tempo.
Il nodo economico del Ponte sullo Stretto
La madre di tutte le domande riguarda il costo del Ponte sullo Stretto e dove trovare i soldi. Se alcune incognite pesano ancora sulla definizione precisa della spesa, il primo nodo riguarda la mancanza di copertura certa per i 13 miliardi stimati. Con la gran parte dei fondi che dovrebbero arrivare dalle prossime leggi finanziarie fino al 2032. Un impegno al sapore di previsione, ma non di certezza. Non abbastanza, almeno, per decidere di mettere su un’opera così impegnativa, secondo tutti i governi che hanno provato a rivalutare il progetto: dal governo Monti, nel 2012, a oggi. Nel 2023, è uno stesso documento del ministero dell’Economia a mettere nero su bianco come «ad oggi non esistono coperture finanziarie disponibili» per l’opera, rimandando al bilancio 2024.

E i conti sono rimasti fermi a quella data, nonostante una situazione economica mutata. Secondo le stime del ministero delle Infrastrutture, i ricavi del Ponte deriverebbero da un pedaggio di 10 euro per ognuna delle 2 milioni di auto in attraversamento stimate ogni anno e di 20 euro per 1 milione di camion. Più un forfettario di 100 milioni all’anno per i treni. Non abbastanza per coprire un costo di manutenzione, assicurazione e rinnovi programmati di oltre 70 milioni di euro all’anno e il rientro della spesa di 13 miliardi in 30 anni. Senza considerare i volumi di traffico in diminuzione e i trend ancora decrescenti per il futuro prossimo.
Le verifiche strutturali e sismiche rimandate a dopo
Costi che potrebbero lievitare dopo le analisi tecniche mancanti. Come il test di fatica dei cavi, con i conseguenti rischi spiegati a MeridioNews dal docente Antonino Risitano e ritenuto necessario dagli stessi progettisti del Ponte sullo Stretto. Ma rimandato alla fase del progetto esecutivo, ancora non disponibile. C’è poi la microzonizzazione sismica, richiesta da più commissioni. Tema rispetto al quale l’ex presidente dell’Ingv, Carlo Doglioni, ha fatto notare come il calcolo disponibile del coefficiente di accelerazione a terra di un eventuale terremoto, seppure entro la norma prevista, abbia già mostrato i suoi limiti nei casi del sisma a L’Aquila e Amatrice. Zone meno critiche rispetto allo Stretto. Approfondimenti decisivi, che potrebbero portare a modifiche importanti, con ricadute su costi e fattibilità, ma rimaste su un binario lento. Mentre, dall’altro lato, sono già avviate la procedura per gli espropri dei terreni e la selezione delle candidature per lavorare ai cantieri.
Gli adempimenti amministrativi mancanti e a rischio
A pesare, infine, sono anche degli aspetti di procedura. Cosciente dei rischi di mandare avanti un’opera come il Ponte sullo Stretto con così poche certezze, lo scorso anno il governo ha inserito nel decreto Infrastrutture una norma che prevede la possibilità di procedere ai cantieri passo dopo passo. Cioè senza un progetto esecutivo completo, ma in itinere. Assicurandosi così di poter partire, anche in attesa dei test e degli approfondimenti necessari. Che, però, potrebbero cambiare lo scenario bloccando lavori già iniziati e costringendo lo Stato al pagamento di salate penali. Senza considerare i ritardi possibili dovuti a eventuali contestazioni per l’assegnazione dei lavori senza nuova gara – nonostante l’aumento di spesa – e i numerosi ricorsi presentati delle associazioni ambientaliste. Nello specifico: due ricorsi al Tar, quattro reclami europei e due note alla Corte dei conti.
A impensierire gli stessi giudici è poi il superamento, da parte del governo, delle regole di compatibilità ambientale del progetto, senza risposte blindate. Su tutte, la dimostrazione dell’assenza di alternative all’opera e l’apposizione dei motivi imperativi di interesse pubblico. Che permettono di aggirare l’ultimo grado di valutazione ambientale. Risposte, però, rimaste senza adeguata motivazione, come ha rilevato anche l’Ispra, l’ente pubblico per la protezione e ricerca ambientale. E non va meglio con l’interesse militare richiamato dal governo, ma mai valutato dal ministero della Difesa. Presente, invece, un parere della Protezione civile siciliana, che lo scorso anno invitava la società Stretto di Messina spa a redigere un piano per analizzare rischi e vulnerabilità in un’area già critica. Specie in relazione agli stravolgimenti del territorio che l’opera comporterebbe. Piano che, però, non risulta nella documentazione.