«Non è stata un’indagine mirata solo o prevalentemente alla politica o verso qualche politico in particolare». Così l’allora procuratore capo di Catania Vincenzo D’Agata commentava all’indomani dell’operazione Iblis (il nome del diavolo in arabo), ormai più di un anno fa. Quasi una giustificazione, per un blitz antimafia che ha fatto discutere a causa del coinvolgimento di personaggi politici di spicco. Tra cui, nelle sue fasi iniziali, il governatore della Sicilia Raffaele Lombardo e il fratello Angelo, deputato nazionale Mpa, insieme al deputato regionale del Pid ed ex sindaco di Palagonia Fausto Fagone e a diversi amministratori locali. Un’inchiesta su presunti intrecci tra mafia, politica e imprenditoria che, nel tempo, ha preso più di una strada. E che domani è a una svolta importante: l’inizio del processo con rito ordinario per 24 dei 53 imputati. «Un’occasione veramente importante per dimostrare a noi stessi e agli altri di stare dalla parte degli onesti e di essere contro le consorterie mafiose che, alterando la libera concorrenza, hanno relegato Catania agli ultimi posti delle classifiche negative», scrive Linda Russo, presidente dell’associazione antiestorsione catanese Libero Grassi invitando i cittadini e le associazioni etnee a partecipare alla prima udienza. «Qualche ora spesa in favore della nostra amata Catania e del futuro dei nostri figli potrebbe accrescere in noi l’orgoglio di essere catanesi», continua.
La vicenda inizia a novembre 2010 quando i Ros conducono una maxi operazione tra Sicilia, Lazio, Toscana, Emilia Romagna e Friuli Venezia Giulia. Con conseguente sequestro di beni per circa 400 milioni di euro, tra cui più di cento imprese. Le indagini, concluse ad aprile del 2011, si concentrano sulla cosiddetta area grigia: accordi e collusioni tra politica, imprenditoria e criminalità organizzata. A giugno, però, arriva il primo colpo di scena: l’allora procuratore capo facente funzioni Michelangelo Patanè dopo il pensionamento di D’Agata insieme all’aggiunto Carmelo Zuccaro decide di stralciare la posizione dei due indagati principali. Cade così l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per i fratelli Lombardo, accusa che viene derubricata a reato elettorale. Il concorso esterno, spiegano i due magistrati, non avrebbe retto in sede di giudizio. Stessa sorte per la posizione dell’imprenditore Ferdinando Bonanno.
Contro questa decisione i quattro sostituti titolari del caso Giuseppe Gennaro, Antonino Fanara, Agata Santanocito e Iole Boscarino ricorrono al Csm. Che però dichiara di non riscontrare nessuna violazione. Tuttavia, ricorda il Consiglio, il cambio di un’accusa con un’altra «non può certo comportare un’elusione dell’obbligo di sottoporre al vaglio del giudice» la scelta di archiviare l’azione penale su fatti ipotizzati in precedenza. Archiviazione che Patanè e Zuccaro richiedono lo scorso novembre. Ma non è questa l’unica polemica che si apre sul caso Iblis. Stavolta ad essere messo in discussione è il giudice dell’udienza preliminare Alfredo Gari. Incompatibile, secondo l’avvocato Antonio Fiumefreddo, legale dell’indagato Giuseppe Ercolano, in quanto marito di Rita Cinquegrana, sovrintendente del teatro Vincenzo Bellini di Catania. Un ruolo assegnatole dal governatore regionale, allora ancora indagato nello stesso procedimento. Fiumefreddo presenta così un’istanza di ricusazione. Che però, sempre a giugno, viene respinta dalla corte d’Appello di Catania.
Durante l’estate iniziano le udienze preliminari. A fine ottobre, il giudice Gari rinvia a giudizio 24 dei 53 imputati. Uno chiede il patteggiamento e gli altri 28 ricorrono al rito abbreviato. Che inizia lo stesso mese e la cui fine è prevista per marzo. Bisognerà aspettare invece febbraio per la prossima udienza del procedimento a carico di Raffaele e Angelo Lombardo, iniziato a dicembre. Mentre il processo ordinario prenderà il via domani e si celebrerà davanti alla corte d’Assise. Nel procedimento, infatti, rientra anche il duplice omicidio di Angelo Santapaola e Nicola Sedici, di cui deve rispondere Enzo Aiello, ritenuto il capo provinciale di Cosa nostra.
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