Il peso delle Europee e i messaggi della Dc: se Schifani molla Cuffaro, maggioranza a rischio

Che la maggioranza di centrodestra in Sicilia fosse litigiosa non è certo un mistero. Le frizioni sono cominciate ancora prima delle elezioni. Di qualsiasi tornata elettorale in cui la coalizione si è presentata, tra l’altro vincendo senza grossi patemi. Questa volta, però, i segnali che arrivano dai palazzi e dalle sedi di partito sembrerebbero in grado di portare qualche scricchiolio per le poltrone che contano. Una su tutte quella del presidente della Regione siciliana Renato Schifani che non si trova solo a dovere sedare le bizze tra alleati a cui ci si è ormai abituati, ma anche a dovere dirimere la questione interna al suo stesso partito, In Forza Italia, infatti, non è bastata l’epurazione di Gianfranco Miccichè a fugare in maniera definitiva gli spettri di una frattura.

A gettare benzina sul fuoco del vicino, questa volta, è stato Davide Faraone, che dal pulpito dell’assemblea regionale di Italia Viva ha pronosticato addirittura la possibilità di elezioni anticipate, visto che «in Forza Italia non comanda nemmeno Schifani», ha detto. Il riferimento è alla parata forzista di Taormina di qualche settimana fa. Lì a prendersi la scena è stato soprattutto l’assessore regionale all’Economia Marco Falcone, vessillo di Forza Italia ma dal rapporto quanto mai altalenante con Schifani. Faraone punta l’accento anche sulla nomina a capogruppo in Senato di Maurizio Gasparri, altro ex Alleanza nazionale come Falcone, per spiegare come il partito del defunto Silvio Berlusconi sia ormai diventato «una costola di Fratelli d’Italia». Anche qui, tuttavia, niente di nuovo sotto il sole.

La novità sta nel fatto che proprio l’ala che corrisponde a Falcone sarebbe stata responsabile della messa alla porta di Totò Cuffaro, la cornice è ancora quella di Taormina, estromesso di fatto dal listone unico per le Europee in cui proprio Renato Schifani lo aveva invitato. Da qui in poi, tanti altri piccoli – si fa per dire – segnali interlocutori hanno però portato alla luce tutti i limiti del centrodestra. Ultimo tra tanti, l’incidente di percorso con il bilancio consolidato della Regione. Bilancio ovviamente targato Falcone. Non approvato in prima battuta per «una leggerezza». O meglio, perché cinque deputati della maggioranza si sarebbero distratti o allontanati durante il voto facendo saltare il banco. Cinque tra cui due della Dc di Totò Cuffaro, che magari saranno davvero stati distratti al momento di esprimere la propria preferenza, ma di certo hanno dimostrato che a questa maggioranza basta davvero un soffio di vento per andare sotto. E che, quindi, si farebbe meglio a tenere in considerazione tutti.

Anche quelli che non piacciono al nuovo corso imbellettato di giustizialismo – pure queste parole di Faraone – che vorrebbe percorrere Forza Italia, che per le Europee disconosce Cuffaro, candida Caterina Chinnici e Rita Dalla Chiesa e dimentica di essere ancora il partito di Dell’Utri e Berlusconi. Una linea portata avanti – pare – ancora una volta dall’area di cui fa parte Falcone. Così arrivano pronte le parole di Schifani che, ai microfoni di RaiNews24, frena: «Ho aperto il dibattito in Sicilia sul perimetro delle alleanze di Forza Italia, su una intesa politica con la nuova Democrazia cristiana. Il tema è aperto e mi confronterò con Tajani». Lo stesso Antonio Tajani – ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale – che ha portato dentro Chinnici e Dalla Chiesa, la più strenua avversaria all’apparentamento con Cuffaro.

Intanto, nei dintorni di piazza Indipendenza, il clima elettorale si respira eccome. Le commissioni parlamentari rallentano, ci si prepara a una maratona Bilancio-Finanziaria che potrebbe portare nuovi scontri, nuove fratture, non fosse altro che, così come successo per il Collegato Ter e il bilancio consolidato, la firma di Marco Falcone è in calce a ogni documento e già sono partite le prime accuse tra coalizzati su chi vuole ritardare l’approvazione dei documenti finanziari della Regione e perché. Visto anche che la velocità sull’approvazione è stato uno dei punti di vanto del governo che, inevitabilmente, adesso, qualche scherzo da parte di qualcuno dei suoi non solo lo teme, ma lo aspetta.


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