Nessun corteo, comizio, concertone o grigliata di rito. Il centro di Palermo ha scelto un primo maggio silenzioso, ma dall’impatto visivo e simbolico fortissimo. Quello generato dalle 1133 sagome di cartone disposte in fila a piazza Politeama, davanti al teatro, per un tour sui generis intitolato Lavorare per vivere, promosso dall’Ugl. Ognuna di queste sagome rappresenta un lavoratore che non c’è più, morto sul lavoro. «Quella di oggi a Palermo è l’ultima tappa di un tour particolarissimo iniziato un anno fa – racconta Paolo Capone, segretario generale Ugl -, siamo partiti il primo maggio dell’anno scorso da Roma e le sagome erano 1029, corrispondenti ai morti del 2017. Poi lo abbiamo portato a Milano, a Firenze e a Napoli, e oggi chiudiamo qui aggiungendo 104 sagome in più, quelle distinte in rosso, cioè i morti che si sono aggiunti nel 2018. Per un totale di 1133 morti. Questo è un dato molto preoccupante, plasticamente quest’idea rende quante sono le madri, i padri, i figli che la mattina escono per andare a guadagnarsi di che vivere e che la sera non tornano più».
Tutti fattori che, combinati insieme, generano adesso quelle 1133 sagome, ognuna un lavoratore, ognuna un morto. Senza contare anche i circa 651mila incidenti su lavoro, di varia gravità. A complimentarsi per la particolare iniziativa anche il sindaco Leoluca Orlando, che ha voluto toccare con mano e da vicino, recandosi in piazza Politeama appena inaugurata la manifestazione. «Ha apprezzato questa idea, commentando che quasi quasi il lavoro fa più morti della mafia. Bè, sono costretto a dargli ragione e a confermare questa osservazione – continua il segretario generale -, davvero il lavoro fa più morti della mafia». E 1133 sagome di cartone disposte tutte in fila davanti ai passanti, che quasi sembrano venire assorbiti fino a scomparire nei corridoi lineari creati nella piazza, sembrano quasi gridarlo chiaro e forte. Ma possibile che senza questo effetto visivo nono si abbia alcuna contezza di un numero così spaventoso? «Ogni giorno assumiamo una piccola goccia di veleno, attraverso l’informazione che quotidianamente ci dice che è morta una persona, poi due persone, poi tre persone. Nella costruzione mentale che ognuno di noi fa – spiega Capone – diventa un fatto normale, tendi a considerarlo come qualcosa che riguarda sempre qualcun altro e non te».
Questa rappresentazione è la visione plastica, fisica di quante sono queste 1133 persone che non ci sono più. Un modo di sbattere il problema in faccia alle persone, e senza troppi fronzoli. Una forma particolare di comunicazione, molto efficace, di fortissimo impatto che restituisce in modo totale e complessivo quella cifra enorme che purtroppo il racconto quotidiano non sa dare. Oggi chiunque a Palermo il problema può vederlo da vicino coi proprio occhi, e in tutta la sua grandezza e drammaticità. Impossibile da ignorare e, proprio per questo, decisamente efficace. Nei primi quattro mesi del 2019 la strage dei lavoratori non accenna ad arrestarsi: in base ai dati Inail gli incidenti sul lavoro con esito mortale sono 212. Si rilevano degli incrementi nel Centro e nel Mezzogiorno, con cinque casi in più al Centro (da 39 a 44) e otto decessi in più al Sud (da 35 a 43) e nelle Isole (da 16 a 24). Nel solo trimestre gennaio-marzo 2019, in Sicilia, le morti sul lavoro sono pari a 15. «Adesso basta morire di lavoro».
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