La donna, ricoverata da venerdì scorso, si era preoccupata di portare con sé tutto il necessario in vista delle consultazioni di domenica 4 marzo, dai documenti alla tessera elettorale. Malgrado la richiesta partita il giorno stesso, però, lei a dispetto di altri 56 pazienti, non è riuscita nell'intento e ora promette azioni legali
Policlinico, paziente non riesce a votare per le elezioni L’ospedale: «Richiesta partita tardi, l’ok non è arrivato»
«Mi hanno negato il diritto di votare, di decidere, di esprimermi». Non si dà pace Alessandra Barone, la 33enne ricoverata da venerdì al Policlinico di Palermo che domenica scorsa non è riuscita a votare in occasione delle elezioni per il rinnovo di Camera e Senato, malgrado avesse con sé i documenti necessari e la tessera elettorale. Richiesta al voto. Si chiama così il foglio che ha dovuto compilare. Un foglio che il caposala di turno quel giorno al reparto in cui si trova, immobile da una settimana, ha inviato via fax al servizio sanitario, che a sua volta lo ha fatto arrivare a mezzo di posta certificata agli uffici del Comune. Sono le 16.40 di domenica quando la richiesta di Alessandra parte da quella stanza di degenza del reparto di chirurgia plastica. Una domanda che purtroppo non tornerà mai indietro con l’ok definitivo, impedendole di fatto di votare.
Lei però non demorde e sino a poco prima dell’orario limite previsto per legge decide di fare rumore. Sono da poco passate le 22 quando avvisa addirittura le forze dell’ordine, che in breve si precipitano nel reparto in cui si trova tuttora ricoverata, per fare chiarezza sulla vicenda. «Solo in questo modo ho potuto chiedere, fare domande, pretendere delle spiegazioni – racconta la donna a MeridioNews -. Nessuno, prima dell’intervento della polizia, si era preso la briga di venire nella mia stanza per dirmi cosa stava succedendo, perché mi negavano il sacrosanto diritto di votare. Nessuno è venuto a spiegarsi e soprattutto a scusarsi». Lì per lì quella sera stessa quello che riesce a ottenere sono solo delle spiegazioni lacunose, confuse. Come se neppure chi è in servizio in reparto sappia bene cosa sia accaduto. Quale sia il meccanismo che si è inceppato.
«Mi hanno detto che il Comune ha fatto arrivare l’ok definitivo alle 22.30, significa che avrei avuto mezzora di tempo per poter votare, così come durante la giornata avevano potuto fare molti altri pazienti ricoverati come me – riferisce la donna -. Nessuno però si è accorto di quella e-mail ricevuta, ecco cosa sembra che sia successo, è assurdo». E questa è l’unica parvenza di ricostruzione che giunge sino alle orecchie di Alessandra, che intanto ha deciso di procedere legalmente con un esposto non appena sarà dimessa dalla struttura. «Ad oggi nessuno è ancora ufficialmente venuto nella mia stanza per dirmi esattamente quale sia stato il problema». Dal canto suo, però, la replica dell’ospedale non si è fatta attendere e descrive uno scenario leggermente diverso rispetto a quanto riferito alla 33enne. «Secondo il regolamento del Comune le richieste da parte delle persone ricoverate devono arrivare tre giorni prima del giorno della votazione», spiegano dalla direzione sanitaria, alludendo a tutta una serie specifica di procedure che si innesca a partire dall’inoltro della richiesta, ognuna con un suo tempo stabilito per essere portata a compimento.
«Si cerca tuttavia di fare il possibile per agevolare il diritto di voto del paziente, anche in quei casi in cui in realtà non si rispetta la tempistica standard dei tre giorni. Motivo per il quale la signora ha potuto avviare ugualmente il tutto domenica stessa» , proseguono dall’ospedale. Dal reparto, quindi, la richiesta arriva in effetti alla direzione sanitaria, dove si trova una squadra di funzionari che manda tutto al Comune di residenza, che a sua volta si fa carico di informare il seggio in cui la donna avrebbe dovuto votare, per informare il presidente che va depennata dall’elenco dei votanti nella scuola di riferimento. In modo che, insomma, in caso di dimissioni dell’ultimo minuto non si rechi a scuola votando per una seconda volta. «L’ok via pec da parte del Comune, però, non è mai arrivato alla direzione sanitaria del Policlinico. Fino alle 23 di domenica non c’è stata nessuna risposta in merito alla richiesta di questa paziente – chiariscono dalla struttura -. Motivo per il quale lei non ha potuto votare, a differenza di altri 56 pazienti che invece hanno regolarmente esercitato il proprio diritto di voto, usufruendo del seggio allestito nel reparto di dermatologia». Un numero da record, a sentire proprio la direzione sanitaria, che conferma in un certo senso che l’inghippo dell’intera vicenda sia legato più a una questione di tempi che alla reale volontà di ostacolare il diritto di voto della 33enne.
«La macchina organizzativa c’era ed è stata regolarmente funzionante – concludono dall’ospedale -. La signora ha fatto la richiesta in un momento in cui di per sé non avrebbe potuto essere accolta, ma si è cercato di recuperarla comunque anche all’ultimo minuto. Ma non è mai arrivato nessuno ok definitivo necessario. Nessun voleva impedirle di votare». Di diverso avviso la protagonista della vicenda, Alessandra Barone, che replica: «Avevo già compilato due giorni prima un foglio identico a quello che ho ricompilato il 4 marzo, ma nessuno mi ha saputo dire che fine avesse fatto».