Pignorati gli uffici dell’Eas

E’ appena avvenuto il pignoramento con sequestro di alcuni arredi di pregio della stanza del commissario liquidatore dell’Ente acquedotti siciliani (Eas) in liquidazione ad opera di un creditore per appena 6mila euro.

La sede centrale dell’Ente, a Palermo, si trova in stato di palese abbandono, con i rifiuti giacenti nei corridoi e con l’acqua ai servizi garantita soltanto per il fatto che la sede Eas si trova in condominio con altri soggetti pubblici (uffici del Corpo Forestale) i quali provvedono al pagamento dell’energia elettrica e, quindi, assicurano il funzionamento dell’autoclave. Se non fosse par questa fortunosa coincidenza gli uffici non avrebbero nemmeno l’acqua per assicurare un minimo di igiene alle latrine.

Il dottor Dario Bonanno, liquidatore dell’Ente riferisce a LinkSicilia che la situazione è precipitata agli inizi di quest’anno quando la società Imprepar, impresa che ha eseguito lavori nella diga Blufi, ha operato il sequestro di 45 milioni di euro per i crediti maturati nei confronti dell’Eas. Questo atto ha paralizzato definitivamente l’operatività dell’ente, che fino a quel momento poteva contare sui proventi derivanti dalla gestione della fornitura di acqua ai restanti cento comuni del messinese e del trapanese che continuavano ad utilizzare le forniture dell’Eas.

Questo lo stato degli atti al momento. Quali sono le ragioni di fondo che determinano lo stato di abbandono dell’Ente? Il commissario liquidatore ha le idee abbastanza chiare: secondo i recenti orientamenti giurisprudenziali l’Eas esse,do un ente pubblico non può fallire. Pertanto la liquidazione non può seguire le procedure previste dal Codice civile per qualsiasi soggetto privato.

Alle necessità della liquidazione deve provvedere il soggetto dante causa, cioè la Regione siciliana. Quest’ultima per i fatti suoi ha i problemi finanziari a tutti noti e, perciò, non è in grado di far fronte agli impegni derivanti dalle procedure e dagli impegni che la liquidazione comporta. Da qui l’attuale stallo amministrativo, dove l’unica cosa certa assicurata dalla Regione siciliana è il pagamento degli stipendi del personale dell’Ente che resta parcheggiato in attesa di eventi che la disastrosa decisione del Governo Cuffaro, prima, e del Governo Lombardo poi hanno causato con la privatizzazione dei servizi idrici in Sicilia e la messa in liquidazione dell’Ente acquedotti siciliani.

Quando si commettono errori strategici di questa portata, il fatto che i responsabili di tali errori non sono più sulla scena pubblica non risolve i danni derivanti dagli stessi errori che continuano a produrre effetti negativi nel tempo e, purtroppo, per lungo tempo.

Come ovviare a questo sconquasso? Il Governo dell’onorevole Rosario Crocetta in ordine alla vicenda Eas non ha alcuna idea concreta, fatta eccezione – come già detto – per il pagamento degli stipendi del personale e al trasferimento delle gestioni idriche residue direttamente in capo ai comuni che non hanno aderito all’ondata di privatizzazioni. Operazione che comunque si colloca nell’ambito delle gestioni pubbliche del servizio acqua alle popolazioni interessate, come da responso referendario.

Che dire dell’operazione privatizzazione? E’ risultata fallimentare e chi ne paga le conseguenze sono le popolazioni che quelle operazioni hanno subito. Ad Agrigento, per esempio, i cittadini non hanno acqua e devono ricorrere all’uso delle acque minerali imbottigliate per sopperire agli elementari fabbisogni idrici, anche perché quel poco di acqua che viene loro erogata risulta essere poco potabile ed igienicamente non idonea alla cottura dei cibi. Le società concessionarie nissena è fallita, lo stesso vale per Acque potabili siciliane che curava il servizio in alcuni territori della provincia di Palermo ha seguito la stessa sorte.

In concreto l’operazione privatizzazioni oltre che disastrosa per gli utenti è risultata in se fallimentare.

Francesco Sutera, sindacalista dimissionario rappresentante dei lavoratori dell’Eas, in sua una dichiarazione, dopo avere esposto lo stato di crisi dell’ente, chiama in causa il governo della Regione siciliana affinché assuma in pieno le proprie responsabilità mettendo il “commissario liquidatore in condizione di operare e i lavoratori di svolgere le proprie attività in condizioni di normalità”.

 

 


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