Piazza Lanza, una “bomba” vecchia un secolo

Con circa 550 detenuti a fronte di una capienza massima di 285 posti e con 230 unità di polizia penitenziaria, invece delle 435 necessarie e previste dal Decreto Ministeriale sulle piante organiche, il carcere di Piazza Lanza a Catania presenta, peggiorati, i problemi della maggior parte delle carceri italiane: sovraffollamento insostenibile e carenza di personale.
 
La settimana scorsa è cominciata la protesta dei detenuti che, battendo sulle inferriate, cercano di far percepire all’esterno la condizione di estremo disagio in cui sono costretti a vivere; il sindacato UIL della Polizia penitenziaria ha denunciato la situazione in cui versa il carcere e il suo organico; e l’onorevole Rita Bernardini, deputata radicale e membro della commissione Giustizia della Camera, è in sciopero della fame dalla mezzanotte del 14 aprile, per sollecitare il Parlamento ad intervenire con urgenza.
 
La situazione che emerge dalle note del segretario nazionale UILPA penitenziari, Armando Algozzino, e dalle denunce del segretario dei Radicali Catania, Gianmarco Ciccarelli, che ha visitato la casa circondariale di Piazza Lanza a luglio e a dicembre 2009, è allarmante. Il carcere di Piazza Lanza risulta essere una struttura vecchia e inadeguata agli scopi rieducativi che invece dovrebbe avere; in celle di circa 18 metri quadri, che a stento potrebbero ospitare tre detenuti, sono stipati fino a nove, o addirittura tredici detenuti, secondo la Uil penitenziari. Si registra anche una forte carenza di personale, sia di agenti di polizia penitenziaria che di figure specializzate come educatori e psicologi. La carenza di fondi colpisce l’area sanitaria: i farmaci sono insufficienti e mancano le dotazioni primarie per le medicazioni.
 
Così com’è, la vecchia struttura penitenziaria sembra insomma una bomba ad orologeria. Le denunce non sono nuove. Dal luglio 2009, periodo dell’ iniziativa di monitoraggio “Ferragosto 2009 in carcere”, organizzata dai radicali su tutto il territorio nazionale, che ha portato oltre 150 parlamentari in tutti gli istituti di pena, ad oggi, l’unico problema che è stato risolto è quello dei topi che infestavano l’istituto.
 
«Nelle celle sovraffollate – denuncia Ciccarelli – fredde d’inverno (quest’anno l’impianto di riscaldamento non è stato attivato) e soffocanti d’estate, i cittadini detenuti trascorrono almeno venti ore chiusi a chiave. Nel carcere di Piazza Lanza, a differenza di altri istituti di pena, non esistono attività al di fuori della cella e non vi è alcuna possibilità di socializzare. In queste condizioni la funzione rieducativa e il reinserimento del detenuto sono un miraggio».

«Piazza Lanza – continua il segretario dei radicali catanesi – è una discarica sociale in cui chi entra non può che uscirne peggiorato. Una scuola della delinquenza. In questo modo non viene soltanto calpestata la dignità di chi sta dentro, viene anche minata la sicurezza di chi sta fuori».

Il carcere cittadino registra un elevato turn-over di detenuti di cui la stragrande maggioranza è in attesa di giudizio e circa la metà si trova reclusa per violazione della legge sulla droga. Sia Ciccarelli che Algozzino indicano l’abnorme ricorso alla custodia cautelare in carcere come causa del sovraffollamento. Per entrambi puntare tutto sulla costruzione di nuove carceri non risolve il problema.
 
«La soluzione “edilizia”, molto costosa in termini economici – afferma Ciccarelli – da sola non può bastare perché il ritmo di crescita dei detenuti è sostenuto, e inoltre il rischio è quello di avere carceri nuove che poi sono inutilizzabili per carenza di personale».

E Algozzino dichiara: «Io credo che in questo momento più che edificare nuove carceri,sia necessario ristrutturare il sistema penitenziario con l’attuazione di misure alternative per ridurre il numero di detenuti e migliorare le condizioni di vita degli operatori penitenziari e dei detenuti stessi e provvedere a nuove assunzioni per incrementare l’organico».

Secondo i radicali per fare rientrare il carcere nel perimetro della legalità occorre considerare realmente la custodia cautelare come extrema ratio, cioè una misura da applicare in casi eccezionali, così come prescritto dal codice di procedura penale e rafforzare le misure alternative alla detenzione (arresti domiciliari, affidamento in prova, semilibertà). «Questo – dice Ciccarelli – gioverebbe alla vivibilità del carcere aumentando, nello stesso tempo, la sicurezza di chi sta fuori: è dimostrato che il tasso di recidiva di chi ha beneficiato di misure alternative è nettamente inferiore al tasso di recidiva di chi ha scontato la pena in carcere».

Inoltre, propongono di integrare gli organici della polizia penitenziaria, così come di medici, infermieri, psicologi, educatori, puntare sul recupero e sul reinserimento sociale del detenuto (condizioni di vita accettabili, studio, lavoro, laboratori, teatro ecc.) e depenalizzare i reati minori che non provocano allarme sociale, a partire dalla coltivazione di cannabis per uso personale.
 
Per quanto riguarda la carenza di personale penitenziario, «l’organico – precisa Algozzino – è carente in tutta Italia, specie al Nord. La situazione in Sicilia comunque si è aggravata, visto che il personale è quasi tutto anziano e giorno dopo giorno aumentano le quiescenze. Anche l’organico del comparto ministeri a Piazza Lanza è insufficiente e molti posti di servizio vengono sopperiti dalla Polizia Penitenziaria».

La UILPA penitenziari denuncia, inoltre, i notevoli carichi di lavoro che è costretto a sopportare il personale: in alcuni casi una sola unità può anche arrivare a coprire contemporaneamente quattro posti di servizio. Visto che il numero del personale è inadeguato e quello dei colloqui, altissimo per via del sovraffollamento, gli addetti alla sala colloqui sono costretti ad effettuare turni di lavoro lunghissimi, che si protraggono per ore oltre il normale orario.
 
A questo si aggiunge il disagio provocato dal blocco dei lavori di ristrutturazione della Caserma che dura da cinque anni, con la conseguenza che il personale pendolare (pari al 70% dell’organico) è costretto ad accasermarsi presso la Scuola di S. Pietro Clarenza.
 
Algozzino mostra grande perplessità riguardo al programma di assunzioni di personale di Polizia penitenziaria del Governo che, a quanto pare, non risolverà il problema: «Il programma e le indicazioni relative all’assunzione di 2.000 unità in 3 anni non ci soddisfa, anzi ci preoccupa, in quanto, statisticamente, in Italia vanno in pensione in media 1.000 agenti l’anno e quindi tra tre anni, oltre alle attuali carenze, in Italia ci sarà una diminuzione nazionale di altre 1.000 unità di agenti di Polizia penitenziaria, risultato delle 2.000 assunzioni dichiarate e 3.000 quiescenze. Sempre che il Governo mantenga l’impegno dell’assunzione di 2.000 unità».
 
In particolare, sul problema Piazza Lanza, in questi giorni si torna a prospettare l’ipotesi di chiudere il carcere. Ciccarelli è favorevole: «Non posso che essere d’accordo. Si tratta di una struttura costruita più di cento anni fa e che presenta deficit strutturali evidenti. Il carcere, nell’ottica costituzionale della funzione rieducativa e riabilitativa della pena, dovrebbe essere dotato di spazi per la socialità e per le attività “extracella” (palestra, campetto sportivo, teatro, cineforum, laboratori, aule studio). Inoltre, l’incontro dei detenuti con i figli minorenni dovrebbe avvenire in apposite aree verdi. Tutto questo a Piazza Lanza non c’è e non può esserci».
 
«Il dibattito sulla chiusura di Piazza Lanza, però – sottolinea Ciccarelli – non deve rappresentare l’alibi per rinviare quegli interventi urgenti (e non più rinviabili) per fare fronte alle criticità della struttura, a partire dall’infernale sovraffollamento e dalla carenza di personale».

La situazione è quindi di estrema emergenza e rischia di degenerare. Il 14 aprile scorso davanti alla casa circondariale di Piazza Lanza sono stati trovati tre mazzi di fiori sulle automobili di personale della Polizia Penitenziaria. Secondo Algozzino, è un messaggio sinistro che mostra lo stato d’animo dei detenuti e delle loro famiglie.

Algozzino ribadisce comunque che «fino a quando la politica nella sua interezza non prenderà coscienza del pianeta carceri, le cose andranno sempre a peggiorare».


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