«I Santapaola hanno avuto interesse per la politica», parola del collaboratore di giustizia Eugenio Sturiale. Ex uomo di fiducia della più potente famiglia di Cosa nostra catanese, poi diventato girovago di tutti i principali clan della città, fino all’ultimo arresto nell’operazione Revenge del 2009 e al successivo passo indietro. L’ex boss è stato sentito nel processo all’ex deputato nazionale Angelo Lombardo, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio. Alla sbarra con il fratello di Raffaele Lombardo, in questo troncone scaturito dall’inchiesta Iblis, ci sono il geologo autonomista Giovanni Barbagallo, Gaetano D’Aquino, collaboratore del clan Cappello, e i due boss Vincenzo Aiello e Rosario Di Dio.
Le attenzioni dell’accusa si sono concentrate su una rivelazione che Carmelo Santocono, fidato uomo dell’ergastolano Aldo Ercolano, avrebbe fatto a Sturiale nel luglio del 2008, a distanza di pochi mesi delle elezioni regionali che sancirono il trionfo di Raffaele Lombardo. «Mi dissero – racconta – che avevano preso a botte seriamente Angelo Lombardo, perché lui insieme al fratello non avevano mantenuto le promesse fatte in campagna elettorale».
L’ex parlamentare ha ascoltato le dichiarazioni del collaboratore in silenzio e con sguardo serio, seduto accanto ai suoi legali di fiducia. Nessun tentennamento nemmeno quando Sturiale aggiunge alcuni particolari. «Santocono mi disse – puntualizza il pentito – che Lombardo era stato uomo perché non aveva denunciato gli autori del pestaggio».
I ricordi del collaboratore non si fermano però a questo episodio ma vanno anche a un incontro che sarebbe avvenuto in via Pola, sotto l’allora segreteria politica dei fratelli autonomisti. In quel frangente, stando al racconto riferito in aula, Sturiale si sarebbe intrattenuto all’interno di un bar con Antonino Zappalà, autista di Lombardo, e Orazio Buda, cugino del boss dei Cappello Orazio Privitera. «L’autista era una conoscenza di Buda perché pregiudicato per rapine. Quando andammo via – prosegue -ci disse che Raffaele Lombardo non si sarebbe dimenticato di quello che Buda stava facendo per lui». Un presunto appoggio avallato da Orazio Privitera che, «stava smuovendo ogni cosa per farlo eleggere alla Regione».
I fratelli autonomisti non sono gli unici citati da Sturiale in udienza. Al centro delle sue dichiarazioni finiscono anche i presunti rapporti tra Roberto Vacante, genero di Salvatore Santapaola, e l’ex senatore Pino Firrarello. «Mi disse – racconta Sturiale facendo riferimento a quanto gli sarebbe stato raccontato da Vacante – che stava andando a parlare con Firrarello e che questi era dispiaciuto di non poterlo candidare in quanto parente dei Santapaola e che lo stesso si sarebbe messo a disposizione qualora noi fossimo riusciti a portare un soggetto pulito da candidare».
I ricordi del collaboratore si spingono anche all’inizio degli anni ’90. In questo caso sulle labbra di Sturiale finisce il nome di Enzo Trantino. Avvocato, parlamentare in svariate legislature ed ex difensore del capomafia Nitto Santapaola. «Nel 1991 ci fu una riunione in via Etnea nello studio dell’avvocato Enzo Trantino. Accompagnai Enzo Santapaola ed altri, tra cui Filippo Branciforti, per far eleggere l’avvocato. Erano elezioni importanti. Lo zio Salvatore (fratello di Nitto Santapaola ndr) – continua il pentito – disse che gli interessava moltissimo che Trantino diventasse onorevole e credo che poi diventò sottosegretario».
Accuse a cui replica l’avvocato Enrico Trantino, figlio di Enzo: «Posso solo osservare che nel 1991 non vi furono elezioni politiche e che mio padre ha sempre ottenuto decine di migliaia di preferenze, con risultati assai insoddisfacenti solo nei quartieri popolari e a più alta densità criminale. Mio padre divenne sottosegretario agli Esteri dopo che aveva già abbandonato la difesa di Santapaola. Ulteriori notizie che smentiscono le idiozie di questo saltimbanco non intendo anticiparle in questa sede per non dargli la possibilità di correggere la rotta, secondo una prassi ben nota a chi abbia un minimo di esperienze processuali. Sturiale è solo uno che mente sperando di acquisire benemerenze e privilegi. Non è un caso che all’inizio della sua collaborazione, per conseguire credito come collaborante, accusò un suo congiunto di un grave reato. Non escludo che Sturiale possa avere accompagnato all’epoca Branciforti, che era nostro cliente, in studio e avere imbastito su tale circostanza il suo falso ricamo».
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