Pochi giorni fa tre componenti del partito di centro sinistra del senato cittadino etneo hanno sfiduciato il capogruppo Giovanni D'Avola, facendogli succedere Nino Vullo. La mossa che ha creato diversi malumori in città, ha scosso pure i vertici regionali e potrebbe interessare gli organi di garanzia, e il Pd nazionale
Pd etneo, frattura in Consiglio verso organi garanzia Napoli: «Dietro lo strappo non c’è regia di Articolo 4»
«Non so se Valeria Sudano e Luca Sammartino di Articolo 4 abbiano cavalcato ma di sicuro gli sport che piacciono al Partito democratico sono quelli di squadra». Per il segretario Pd della provincia di Catania Enzo Napoli, la frattura che si è creata nei dem di Palazzo degli elefanti non c’entrerebbe nulla con l’ascesa dei due referenti del movimento fondato dal defunto Lino Leanza. Né la riunione che venerdì scorso ha portato tre esponenti del Pd cittadino nel Consiglio comunale etneo – Ersilia Saverino, Nino Vullo e Niccolò Notarbartolo – a sfiduciare il capogruppo Giovanni D’Avola sarebbe sintomatica di una scissione interna.
Nonostante Enzo Napoli dichiari che il caso «sarà comunque valutato insieme al segretario regionale Fausto Raciti dopo che io stesso avrò una riunione con i tre firmatari della mozione di sfiducia», sottolinea il politico. L’appuntamento, che verrà formalizzato a breve dalla segreteria provinciale del Pd, ha l’obiettivo di «capire le ragioni che stanno alla base di un comportamento lontano dai principi del partito, dove c’è sempre stato un dialogo tra tutte le sue anime», continua Napoli. Per lui «non si può parlare di spaccatura ma di forzatura di tre persone che francamente stanno sbagliando, non solo da un punto di vista tecnico ma anche politico», sentenzia Enzo Napoli.
L’errore di Saverino, Vullo e Notarbartolo sarebbe nel merito della riunione di venerdì scorso ma anche nel metodo definito «illegittimo». Perché «i dem in Consiglio sono sei, per sfiduciare il capogruppo D’Avola erano necessari almeno quattro voti (la maggioranza, ndr.) mentre i votanti sono stati soltanto tre», analizza il referente provinciale del Pd. «Il capogruppo a Palazzo degli elefanti è uno solo, si chiama Giovanni D’Avola e se Saverino, Vullo e Notarbartolo non ne prenderanno atto saremo costretti a rivolgerci agli organi di garanzia ma – si mantiene cauto Napoli – sono certo che riusciremo a dialogare».
Non teme di parlare di «spaccatura», invece, il segretario regionale Fausto Raciti. «La vicenda mina la compattezza del Pd e la sua capacità di proposta politica all’interno dell’amministrazione guidata da Enzo Bianco», interviene. «Il partito catanese commetterebbe un errore a non farsi trovare unito in presenza dell’attenzione mostrata dal governo e del Pd nazionale, a pochi giorni dal Patto per Catania firmato in città dal premier Matteo Renzi», continua Fausto Raciti. Che ha interessato anche il Pd nazionale affinché «le divisioni degli ultimi giorni vengano superate e il futuro della città venga rimesso al centro di una discussione che, a oggi, è incomprensibile», conclude.
Sulla vicenda prende la parola anche il coordinatore catanese del gruppo, Livio Giugliuto. «Giovanni D’Avola è stato sfiduciato in una riunione dove non era presente la maggioranza – e prosegue – Il nostro gruppo deve rimanere compatto con dirigenti, circoli e iscritti, evitando gli inutili strappi che non fanno bene né a noi né ai cittadini». Per Giovanni D’Avola adesso è tempo di attendere «l’evoluzione di questo percorso». Nel frattempo il capogruppo in carica per una parte del Pd del senato cittadino si ritene «stranito da quello che è successo perché esula dal mio modo di pensare e si configura come un atto poco corretto dal punto di vista giuridico e anche politico».
Nessun mea culpa di fronte alle accuse sollevate da una dei tre firmatari della mozione di sfiducia, la consigliera Saverino. L’esponente del Pd motiva l’azione di sfiducia in virtù di alcune presunte mancanze di D’Avola nelle sue funzioni istituzionali: «è stato troppo assente e poco rappresentativo e spesso ha rilasciato alla stampa dichiarazioni proprie spacciandole a nome del gruppo e impedendo – spiega la consigliera comunale – un confronto interno». Adesso «lavoriamo affinché il nuovo capogruppo Vullo possa degnamente rappresentarci e assolvere in modo più puntuale, incisivo e programmatico i compiti che la legge e lo statuto comunale gli conferiscono».