Parte la campagna social di Addiopizzo Pacifico: «Denunciare è l’unica strada»

«Oggi è un giorno importante per me, ma soprattutto per ciò che ho l’opportunità di fare: portare il messaggio che i siciliani non sono omertosi e conniventi, ma sono le prime vittime della mafia e del pizzo e hanno bisogno del sostegno di tutti per liberarsi. Tutto può cambiare se lo vogliamo». Parla così Paolo Antonio, il cantautore catanese autore del video Piacere Salvatore, che ha deciso di lanciare una scommessa: rendere virale il video da lui realizzato per aiutare l’associazione Addiopizzo a cui saranno destinati tutti i proventi. Una operazione che non ha sponsor né prevede un ritorno economico per il cantautore etneo. «Il mio guadagno è una esperienza privilegiata. Ho il privilegio di fare il cantautore impegnato concretamente», aggiunge. «Grazie per averci scelto, siamo sicuri di potere fare molto di più se tutti ci aiutano. Cliccate e scaricate», afferma Rosario Lupo, presidente di Addiopizzo Catania.

La canzone è allegra e irridente nei confronti del mafiosi «che rappresentano un triste fenomeno culturale che va debellato soprattutto partendo dai giovani», afferma ancora Paolo Antonio. Con il suo videoclip non vuole dare un contributo solo formale, ma vuole essere un aiuto economico concreto per l’associazione contro il pizzo. «Spero che tutti possiate scaricare il video e contribuire o comunque condividerlo sui social con l’hashtag: #salvatorecontroilpizzo e il motto: anche io taglio il pizzo. Mi piacerebbe che diventasse una sorta di catena di Sant’Antonio. O meglio, di Paolo Antonio», dice accogliendo il suggerimento del pubblico.

Parlare della mafia, delle richieste di protezione e di ciò che rappresenta è un impegno condiviso dai ragazzi di Addiopizzo che insieme con alcuni imprenditori come Filippo Casella, presente questa mattina, girano per le scuole per incontrare i giovani, così come dal sostituto procuratore Pasquale Pacifico, presidente dell’Associazione nazionale magistrati etnea. «All’inizio pagavo, poi mi sono trovato a scegliere tra perdere l’azienda o denunciare e ho scelto la seconda», dichiara Filippo Casella che ha raccontato la sua storia di imprenditore pizzo free già da molti anni. «Dopo la denuncia vivo meglio e invito tutti ad alzare la testa. La guerra alla mafia si fa con la penna non con le armi. Con le mie denunce sono stati tutti condannati», conclude.

Un invito che arriva anche da Pasquale Pacifico che, come già Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, è convinto che la lotta alla mafia non si combatta solo nelle aule di tribunale, ma «è soprattutto la lotta a un approccio culturale per cui serve un cambio di mentalità». Per sconfiggere le organizzazioni mafiose, «che non sono affatto invincibili», afferma il magistrato, «bastano pochi attimi di ordinario coraggio in qualità di cittadini, anche perché si prendono molto sul serio, ma Catania in giro ci sono solo “quattro scappati di casa”, come si suol dire, i boss sono tutti al 41 bis», dice. L’ironia, dunque, si dimostra sia per la lotta alla mafia e al pizzo un ottimo strumento di diffusione della mentalità della legalità.

«Denunciare il pizzo è l’unica strada possibile – conclude Pasquale Pacifico – Gli imprenditori che lo fanno sono in aumento ma sempre troppo pochi secondo me. Dobbiamo cambiare tutto fino a che la denuncia diventi la normalità e chi paga il pizzo, la vera notizia».


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