Palermo, terza vittoria consecutiva in trasferta A Caserta show di Lucca ma brividi nel finale

I fatti separati dalle opinioni. Trascinato da un super Lucca autore di due gol e…mezzo tenendo conto del fatto che la paternità della terza rete va condivisa con un tocco del difensore rossoblù Ciriello, il Palermo ha vinto per 3-2 sul campo della Casertana nel match inaugurale della trentaquattresima giornata del girone C del campionato di serie C e, dopo le affermazioni contro Catania e Paganese, ha conquistato il terzo successo consecutivo lontano dalle mura amiche. Evento che tra i professionisti non si verificava, con Tedino in panchina in serie B, dal 2017. E ribadendo il proprio feeling con la regione Campania avendo conquistato in questa stagione la quinta affermazione esterna su sei contro squadre campane, i rosa hanno vinto per la prima volta nella storia a Caserta in partite di campionato. Anche questi sono fatti, dati di realtà inconfutabili che vanno distinti però dalle opinioni, da un ambito cioè che entrando nei meandri della gara fa riferimento al ‘come’ è maturato il successo e a cosa ha fatto la squadra nei 90 minuti più recupero per conquistare l’intera posta in palio.

Giudizio finale: Palermo promosso a metà intrecciando i meriti indiscutibili direttamente proporzionali alla capacità di battere un avversario in salute (due vittorie, due pareggi e una sconfitta lo score delle ultime cinque partite giocate dalla compagine allenata da Guidi prima dello stop dovuto al rinvio della sfida con il Monopoli) e di vincere uno scontro diretto in chiave playoff effettuando contestualmente il sorpasso in classifica ai danni dell’avversario con la solita tendenza autolesionistica. Tipica di un Palermo che ancora non riesce a dare ampie garanzie di affidabilità e a causa della quale, tirando le somme, i rosanero alla fine hanno rischiato clamorosamente di non aggiudicarsi una gara che era assolutamente sotto il proprio controllo e che con cinismo e maggiore determinazione avrebbero potuto vincere con un punteggio più largo.

Ecco, di nuovo, l’esigenza di distinguere i fatti dalle opinioni. Di valorizzare ciò che corrisponde alla punta dell’iceberg (vittoria su un campo difficile e tre punti d’oro) ma di non sottovalutare nello stesso tempo ciò che sta sotto. Prendiamo in esame le risposte convincenti fornite da Lucca il qualedopo un digiuno durato quattro gare – in generale dal 17 febbraio, giorno della vittoria in casa della Turris – e un’assenza dai campi un po’ più lunga rispetto ai compagni dato che lo scorso 13 marzo a Pagani non c’era in quanto squalificato, è salito a quota 13 reti dimostrando con il killer-instinct appartenente ai bomber di razza di non avere perso la confidenza con il gol: sono dati di fatto, verità oggettive pronunciate dal campo che è un giudice incontestabile ma da inserire, giocoforza, nel contesto più ampio di un match che sul fronte rosanero ha espresso anche altri contenuti. Con dei tratti in chiaroscuro nonostante l’apparente dominio e che la squadra, a proposito di note non proprio positive, ha affrontato nel secondo tempo con una certa superficialità rischiando, in seguito al gol del 2-3 subìto al 91’ con un tap-in del neo-entrato Buschiazzo, di vanificare l’ottimo lavoro svolto nella prima porzione dell’incontro.

Nell’album di ‘fotografie’ delle contraddizioni radicate ormai nel dna di questo Palermo occupa uno spazio di rilievo, ad esempio, la prova di Almici, senza sbavature sulla sua corsia di competenza e impreziosita al 14′ dal cross per il colpo di testa vincente di Lucca in occasione del secondo gol dell’attaccante (a segno di testa anche sull’1-0 propiziato da Floriano dopo soli due minuti di gioco) ma macchiata nel finale da un’espulsione (con l’aggravante che il responsabile è nel caso specifico un giocatore dotato di una certa esperienza) a dir poco ingenua per un’entrata a forbice su Rillo. Condotta inaccettabile e da condannare in linea con l’atteggiamento molle per il quale gli uomini di Filippi sul risultato di 3-1 e a prescindere dal rigore fallito all’88’ da Kanouté (in campo dal 65’ assieme a Rauti al posto rispettivamente di Santana, ‘entrato’ con un suggerimento rasoterra nel gol del momentaneo 3-1 allo scadere del primo tempo e pochi istanti dopo la rete rossoblù del provvisorio 1-2 firmata Cuppone, e Floriano) nella ripresa hanno fallito in più di una circostanza (spiccano, in questo caso, le chance sprecate da Valente in una situazione di superiorità numerica e da Rauti che su assist di Kanouté non ha angolato il pallone da posizione molto favorevole agevolando l’intervento d’istinto sotto la traversa del portiere Avella) l’opportunità in contropiede di mettere sul match il punto esclamativo. La squadra, che ha avuto un calo di concentrazione, inconsciamente forse credeva di avere già vinto la partita e questo è un errore che, anche in vista dello sprint finale e in ottica playoff, non va più commesso.

Se hai la possibilità di farlo, ad un pugile alle corde devi sapere sferrare il colpo del definitivo ko. E’ questa la lezione più grande da cui, in relazione alla sfida contro una Casertana priva in cabina di regia dello squalificato Santoro, deve trarre insegnamento il Palermo. Che non può, con atteggiamenti incompatibili con chi ha voglia di arrivare lontano e riscattare una stagione comunque al di sotto delle aspettative, rischiare di rimettere in discussione il risultato di una partita chiusa. Di una sfida che, al netto di alcune occasioni create dai padroni di casa minacciosi soprattutto nel primo tempo con un paio di iniziative dell’attaccante Pacilli, la squadra dopo ventuno giorni di pausa forzata stava conducendo con disinvoltura mostrando ordine, applicazione (nelle letture e anche nelle distanze tra i reparti in un 3-4-2-1 privo a centrocampo dello squalificato De Rose e che ha coinvolto diversi interpreti in virtù di alcune rotazioni effettuate dal tecnico nel secondo tempo) e consapevolezza dei propri mezzi.


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