Palermo, maxi sequestro da 800 milioni Sigilli a commercialista dei boss di Villabate

Avrebbe lavorato per la mafia. E la sua carriera politica pare essere stata garantita dalla cosca di Villabate. Un provvedimento preventivo è stato emesso da parte della Dia a carico del ragioniere Giuseppe Acanto, 55 anni, commercialista ritenuto dagli investigatori vicino alle cosche mafiose di Villabate. Sono stati sequestrati beni per un valore di 800 milioni di euro. Il provvedimento della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo ha riguardato mobili ed immobili, 25 aziende, auto, conti correnti, fondi di investimento. La sua attività spaziava da aziende ortofrutticole, a pompe di benzina ad assistenza infermieristica ad anziani. Uno dei sequestri più voluminosi mai effettuati in Italia.

Il ragioniere Acanto è un nome chiacchierato all’interno della procura di Palermo. Era lui uno degli esattori del famoso Mago Sucato, (Giovanni Sucato), che nel 1990 fece sognare migliaia di siciliani promettendo di raddoppiare in breve tempo i capitali che gli venivano consegnati. Ma alla fine è stato ucciso dalla mafia.

Ma non è tutto per il ragioniere di Villabate. Il pentito Francesco Campanella lo accusa di essere stato votato dai boss durate la sua campagna elettorale per l’Ars. E proprio dal 2001 al 2006 ha occupato lo scranno di Palazzo dei Normanni nelle file della lista di Biancofiore. Il ragioniere era uno dei pupilli dell’ex governatore Totò Cuffarò. Ma per la Dia non ci sarebbe ombra di dubbio. L’ascesa politica di Giuseppe Acanto sarebbe stata favorita dal peso della cosca di Villabate. Anzi, gli investigatori credono che parte dei cospicui introiti di deputato regionale venivano versati alle famiglie mafiose della provincia di Palermo. Le stesse che hanno gestito la latitanza a Bernardo Provenzano oppure il suo viaggio a Marsiglia.

«Si tratta di un’attività vocazionale della Dia – racconta il colonnello Riccardo Sciuto, capo della direzione investigativa di Palermo – l’aggressione ai patrimoni mafiosi è un obiettivo che lo Stato si prefigge e s’impone per rispondere adeguatamente a Cosa nostra. Si tratta di uno che convenzionalmente si definisce colletto bianco, anche se tanto bianco non sembra, che in qualche misura per raggiungere il proprio successo economico ha ingaggiato o e’ stato ingaggiato da Cosa nostra, perseguendone i medesimi fini». 

Riguardo al futuro delle numerose aziende sequestrate, Sciuto ha detto: «Il tribunale ha nominato un amministratore giudiziario – ha aggiunto Sciuto -. Uno degli obiettivi dello Stato è mantenere le aziende sul mercato facendole fruttare in un mercato che sia libero e che non sia compromesso. Io credo che l’amministratore possa essere nelle condizioni di portare avanti gli obiettivi aziendali, ma scevro condizionamenti».

Maurizio Zoppi

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