Palermo, l’ultima chance per gli operai della Gesip

In una città martirizzata dalla sporcizia che come una malattia incurabile ha attaccato i tessuti connettivi della città nei luoghi che vorremmo rigogliosi e accoglienti e invece spesso sono preda dell’incuria e dell’abbandono, tornano in servizio gli operai della Gesip.

Il Comune di Palermo negli anni scorsi – e soprattutto sotto la precedente amministrazione – è stato uno ‘stipendificio’, con assunzioni senza attenzione ai bilanci societari e meno che mai ai servizi resi.

L’Amia è caduta nella polvere trascinata da oltre mille esuberi in pianta organica, dagli sperperi e dagli sprechi del suo consiglio d’amministrazione e dei commissari che l’hanno gestita per oltre un anno. L’assenza del personale Gesip nei mesi scorsi non si è notata troppo. Il verde, tranne alcune meritevoli eccezioni, non era curato e tale è rimasto dopo lo stop alle loro prestazioni. Anche gli altri servizi cui erano preposti erano in uno stato penoso e tali sono rimasti senza di loro.

Agli occhi dei cittadini palermitani Gesip è stato sinonimo di inefficienza e spreco, di arroganza e svogliatezza. Tranne le meritevoli eccezioni, gran parte dell’esercito vestito d’arancione interpretava le proprie attività come un regalo che elargiva e non come un corrispettivo di fronte a uno stipendio.

Oggi, richiamati in servizio, anche se a orario ridotto, possono dimostrare che qualcosa è cambiato. La città è cambiata. A decine di migliaia hanno perso il posto di lavoro nel settore privato. Centinaia di saracinesche chiuse, consumi depressi, studi professionali e attività di servizio ridimensionate.

Queste migliaia di persone senza difesa si chiedono perché per loro non c’è rete di protezione. Perché devono stringere la cinghia e dire ai loro figli che non possono permettersi quello che prima gli concedevano. Perché devono umiliarsi a rientrare a casa dei genitori da cui sono usciti vent’anni prima. Perché 1550 persone rientrano in servizio mentre loro continuano a passeggiare sui marciapiedi?

Si chiedono perché per loro la società è matrigna e per altri benefattrice. Infine si domandano se almeno questo piccolo esercito sarà grato alla città che li ha richiamati restituendole decoro e servizi.

Una città pulita e verde e con servizi più efficienti potrebbe essere una città che si rilancia, in tempo di crisi, che attrae invece di respingere. Che attira milioni di visitatori e fa risorgere un tessuto produttivo vicino alla necrosi.

Lo faranno i richiamati in servizio? Rispetto agli sguardi di indifferenza che si posavano sulla loro svogliatezza negli anni scorsi il tempo è drammaticamente diverso. Adesso li guarderanno migliaia di occhi disperati che si chiederanno perché. E quando li vedranno avvicinarsi e scrutarli, la sola risposta sarà il loro lavoro. Se mostreranno orgogliosi un prato curato, una villa accogliente, una via spazzata, le riparazioni eseguite, la città sarà loro grata e anche chi è abbandonato in parte capirà.

 

 


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