A Palermo si torna a sparare. Iin una zona trafficata e molto frequentata, via Messina Marine, vicina ad una nota gelateria, è stato ucciso. Francesco Nangano, 50 anni. Forse due i sicari che in moto hanno avvicinato la vittima per freddarla.
L’uomo, coinvolto in passato in inchieste di mafia, condannato, assolto e poi risarcito per un presunto errore giudiziario che ne aveva determinato la detenzione in carcere, era ritenuto esponente di spicco del clan di Brancaccio.
Come ci racconta il quotidiano La Repubblica, in un articolo del 2011, “la storia di Nangano, fece scalpore perché gli investigatori scoprirono che il presunto mafioso aveva una relazione sentimentale con un’ assistente sociale che era impegnata come giudice popolare in un processo di mafia. La donna ha sempre difeso l’ uomo dicendo di non credere assolutamente alle accuse. Al processo di primo grado Nangano, rivenditore d’ auto di Brancaccio, aveva avuto inflitti otto anni. Arrestato era tornato libero su decisione della Cassazione che aveva annullato l’ ordine di custodia.
Dopo il secondo arresto divenne esecutiva una condanna per omicidio rimediata nell’ altro processo scaturito dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Secondo alcuni componenti del gruppo di fuoco di Brancaccio, Nangano, che non era uomo d’ onore, sarebbe stato vicino al boss Gaspare Spatuzza. Altri hanno raccontato che era stato vittima di alcuni danneggiamenti per il suo carattere arrogante. Per far cessare gli attentati il commerciante si sarebbe rivolto a un presunto uomo d’ onore. La corte d’ Appello, presieduta da Francesco Ingargiola, ha ritenuto evidentemente prevalente quest’ ultima ricostruzione”.
Ovviamente, gli inquirenti al momento non si sbilanciano. L’omicidio riapre una ferita in città. Ed è ancora presto per inquadrarlo in un contesto definito. Di certo, non è un bel segnale.
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