La storia è quella di Giuseppe Piraino, l’imprenditore edile palermitano che per tre volte ha denunciato la richiesta del pizzo nei suoi confronti. La prima nel 2018, quando stava ristrutturando un immobile nel quartiere del Capo; la seconda nel 2020 nel quartiere Borgo Vecchio; poi nel 2022 nel quartiere Brancaccio. Nella prima occasione Piraino ha […]
Foto dal profilo Instagram di Giuseppe Piraino
L’imprenditore palermitano che ha denunciato il pizzo e ora rischia il fallimento. L’avvocato: «Non è così che si tratta una vittima»
La storia è quella di Giuseppe Piraino, l’imprenditore edile palermitano che per tre volte ha denunciato la richiesta del pizzo nei suoi confronti. La prima nel 2018, quando stava ristrutturando un immobile nel quartiere del Capo; la seconda nel 2020 nel quartiere Borgo Vecchio; poi nel 2022 nel quartiere Brancaccio. Nella prima occasione Piraino ha filmato il tentativo di estorsione di Luigi Marino, esattore del pizzo di Cosa nostra arrestato qualche mese dopo, con altre 47 persone, in un’operazione della Direzione distrettuale antimafia della procura di Palermo che ha colpito il mandamento di Porta Nuova. Dal video registrato dall’imprenditore si apprende che, per intimidire gli operai, Marino avrebbe buttato i lavoratori fuori dal cantiere, finché il loro capo – Piraino, appunto – non si fosse messo in regola. Nel secondo caso – forse quello più noto mediaticamente – all’imprenditore è stato chiesto «un pensierino per noi che facciamo la festa qua» e «una carta da 500 euro, così lei si fa questo lavoro bello tranquillo». L’esattore stavolta è Salvatore Guarino, poi arrestato – assieme ad altre 19 persone – nell’operazione antimafia Resilienza.
«Lei di dov’è?», chiede Guarino a Piraino, che risponde di essere palermitano. «E allora, scusa…», insiste Guarino, facendo intendere a Piraino che quindi dovrebbe sapere cosa gli si stava chiedendo. Ma quando l’imprenditore dice «questo si chiama pizzo», il mafioso quasi si infastidisce, sembra offeso. Poi Piraino mostra all’esattore di Cosa nostra la nota foto di Falcone e Borsellino. In questi giorni, però, l’imprenditore sta affrontando un altro tipo di vicenda, che potrebbe portare al fallimento della sua azienda. Edilcassa – ente costituito al 50 per cento da rappresentanti degli artigiani edili Anaepa Confartigianato e per l’altro 50 per cento dai sindacati Cgil, Cisl e Uil – ha presentato un’istanza di fallimento contro Piraino, perché l’imprenditore ha un debito di 280mila euro nei confronti di Edilcassa. Questi debiti sarebbero maturati soprattutto a causa del blocco della cessione dei crediti legati al Superbonus 110%; blocco deciso dal governo nazionale nel marzo scorso. Ad aprile, però, la procura di Palermo aveva sospeso la posizione debitoria di Piraino – per due anni nei confronti dei debitori e per tre anni nei confronti del Fisco – per effetto della legge 44 del 1999, che tutela gli imprenditori e le imprenditrici vittime di racket. L’intenzione di Piraino, quindi, era di vendere i crediti e – in attesa di alcuni risarcimenti – saldare i debiti con operai e fornitori.
Invece mercoledì 18 settembre si è celebrata la prima udienza del processo di fallimento. «Il giudice ha chiesto una consulenza tecnica rispetto alla situazione debitoria», dice a MeridioNews Salvatore Ugo Forello, avvocato di Piraino. «Il giudice vuole sapere se questi debiti sono esecutivi – continua il legale – cioè se sono stati bloccati dalla sospensione dei termini». Il riferimento di Forello è proprio a quella legge del 1999 che supporta le vittime del pizzo. «Se si accertasse che sono tutti bloccati dalla sospensione dei termini – come secondo noi è – pensiamo che l’azione di risarcimento si bloccherebbe», dice Forello. Visti gli elementi a disposizione, sembra che alla fine l’azione di risarcimento – che vorrebbe dire il fallimento dell’azienda di Piraino – sarà bloccata. «Ma rimane il rammarico – aggiunge l’avvocato – Rammarico per il fatto che si è deciso di fare un’azione del genere nonostante non ci fossero i presupposti». Forello non parla solo di questioni formali e giuridiche, ma di «questione di opportunità, visto che si tratta di una persona vittima di estorsioni». Quello che preoccupa sia Piraino sia il suo legale è «il messaggio che si dà alla gente», cioè che quasi convenga non esporsi, non denunciare la mafia, perché se no ci si potrebbe ritrovare in mezzo a trafile burocratico-legali lunghissime.
La parola rammarico torna più volte nella conversazione con Forello. «Noi – dice l’avvocato – veniamo da un processo penale in cui l’imprenditore si è costituito parte civile insieme agli operai che hanno subìto il tentativo di estorsione, e poi vediamo una vicenda come questa, nella quale un imprenditore denuncia il pizzo e non viene supportato né dalle associazioni di categoria né dalle associazioni che rappresentano i lavoratori». Qui il riferimento di Forello è proprio a Edilcassa. «Tra l’altro – aggiunge l’avvocato – con il fallimento non si otterrebbero i soldi, si distruggerebbe l’azienda di Piraino e basta». La prossima udienza si terrà il 22 ottobre, «con il giuramento del perito che dovrà valutare i crediti e le posizioni debitorie che sono immediatamente esecutive». Su questa vicenda ieri Piraino è stato ascoltato in Commissione antimafia all’Assemblea regionale siciliana: un’udizione chiesta dallo stesso imprenditore. Secondo Forello, «c’è stata massima attenzione da parte della Commissione e del presidente».
Commissione antimafia che «ha chiesto a Piraino di depositare la documentazione inerente alla vicenda dell’istanza e alla sospensione» con «l’impegno di occuparsi anche a livello politico della situazione che si è creata». Ora servirà capire se a questa dichiarazione d’intenti da parte della Commissione seguiranno azioni concrete. In questo senso il legale sembra fiducioso: «Devo dire che c’è stato un impegno apprezzabile, poi i fatti li vedremo». Quello che ci tiene a sottolineare l’avvocato di Piraino è che «intanto c’è stata un’attenzione che certamente rispetto al silenzio generale è stata importante – e quindi viene registrata favorevolmente – Speriamo si tramuti anche in azione politica rispetto a quanto è successo». Forello rinnova il rammarico rispetto a un messaggio negativo che passerebbe: esporsi, denunciare la mafia e le richieste di pizzo, crea più grattacapi che vantaggi. «Non so se c’è disattenzione, miopia o altro – dice il legale – però certamente c’è una grande leggerezza nell’aver affrontato questa vicenda, che tocca uno dei pochi denuncianti conclamati, che ha denunciato tre volte in pochi anni, in tre zone diverse, toccando tre famiglie mafiose diverse e non si è mai tirato indietro».