Palacannizzaro, via i migranti dopo 12 giorni Il questore: «Tutti identificati o in ospedale»

Al Palacannizzaro non c’è più nessuno. Le porte dell’impianto sportivo che per due settimane ha ospitato circa 170 siriani sono state aperte. Alcuni migranti sono stati identificati, altri sono ricoverati negli ospedali catanesi, altri ancora sono riusciti a scappare durante le due settimane di detenzione, pubblicando, una volta lasciata l’Italia, le testimonianze di quanto accadeva dentro la struttura. «Nessuno è stato lasciato andare senza essere identificato», assicura il questore Salvatore Longo. «Molti sono tuttora ricoverati, su indicazione dei medici che li hanno visitati al Palacannizzaro, ma in ospedale non sono piantonabili, né in stato di detenzione», aggiunge Longo che sul protrarsi delle procedure per dodici giorni si giustifica: «Il nostro compito è eseguire l’identificazione senza violenza, per questo i tempi si sono prolungati».

Diversa è tuttavia la versione di diversi migranti, che denunciano percosse e intimidazioni. La rete antirazzista catanese – composta da mediatori, attivisti politici e semplici cittadini e che dal 10 agosto, giorno della tragedia alla Playa, ha provato a vigilare sulla sorte dei migranti transitati nel capoluogo etneo – sta raccogliendo alcune di queste testimonianze. Per applicare le procedure la polizia, scrivono gli attivisti, sarebbe stata protagonista di vari soprusi, «dalle minacce alla coercizione violenta, approfittando dell’assenza di organizzazioni umanitarie deputate a svolgere un ruolo di mediazione culturale». Anche sui numeri, i conti non tornano. «Dopo l’identificazione – spiega Longo – verosimilmente i migranti chiedono lo stato di rifugiato e vengono smistati nei Cara. Di questo gruppo, ne abbiamo mandati una ventina al centro di Mineo». Mentre, secondo i dati del questore, gli scappati sarebbero «una decina, solo nei primi giorni di permanenza al Palacannizzaro». In totale, tra chi si trova al Cara e chi è fuggito, si arriva quindi ad una trentina, su un totale iniziale di 170 siriani. E gli altri 140? «Molti sono ricoverati negli ospedali», ribadisce Longo.

Qualcosa, nelle procedure per chiedere lo status di rifugiato, cambierà a partire dal prossimo gennaio. «Attualmente i richiedenti asilo che arrivano nelle nostre coste e iniziano l’iter burocratico in Italia, devono concluderlo nel nostro Paese – spiegano dalla Rete antirazzista – nella nuova convenzione di Dublino 3, invece, che entrerà in vigore l’1 gennaio 2014, sono previste delle agevolazioni per il ricongiungimento familiare anche in altri Paesi europei. I siriani si rifiutano di farsi identificare per non dover attendere uno o due anni». Le pressioni sull’Italia da parte degli altri Stati dell’Ue non mancano. «In passato – spiega il questore – migranti arrivati nelle nostre spiagge sono riusciti ad andare via senza essere fotosegnalati e hanno raggiunto altri Paesi europei che hanno protestato con noi».

Chi non ce l’ha fatta è uno dei due migranti superstiti del tragico sbarco di lunedì a Sampieri, nel Ragusano. Nel frattempo questa mattina sono stati fermati cinque presunti scafisti. Sono accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, anche se la Procura di Ragusa sta valutando se procedere con imputazioni più gravi, come quella di omicidio. Tre sono stati identificati grazie alle testimonianze dei sopravvissuti alla tragedia. Gli altri due uomini fermati ieri sono stati invece rilasciati perché non sono stati riconosciuti dai migranti. A Catania, infine, la Protezione civile comunale annuncia la conclusione delle attività del Centro operativo comunale, istituito per dare supporto e aiuto ai migranti dopo lo sbarco del 17 luglio scorso.  E il Palacannizzaro, forse, tornerà ad ospitare solo manifestazioni sportive e musicali.


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Il Palacannizzaro si è svuotato. I 170 migranti che per quasi due settimane sono rimasti nell'impianto per essere identificati non ci sono più. Alcuni hanno accettato di farsi prendere le impronte, altri sono ricoverati negli ospedali cittadini, altri ancora sono scappati. Secondo il questore Salvatore Longo «nessuno è stato lasciato andare senza motivo». Ma i conti non tornano. Mentre la Rete antirazzista sta raccogliendo le testimonianze dei siriani che denunciano violenze e minacce

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