Gli agenti della squadra mobile hanno ricostruito la dinamica e il movente del delitto del 26enne Emanuele Burgio. Il giovane avrebbe provato a scappare riuscendo però a percorrere solo poche decine di metri prima di essere raggiunto al torace e alle spalle
Omicidio Vucciria, vendetta per pestaggio dopo incidente I fermati sono i figli e il nipote di un boss di Borgo Vecchio
Ci sarebbe la vendetta per un pestaggio dopo uno screzio dovuto a un incidente stradale, avvenuto nei giorni scorsi, dietro l’omicidio di Emanuele Burgio. Per il delitto del 26enne ucciso lunedì notte a colpi di pistola nel popolare mercato della Vucciria di Palermo, tra via dei Cassari e via dei Tintori, oggi sono state fermate tre persone: il 39enne Matteo Romano, il fratello Domenico di 49 anni e il figlio 29enne di quest’ultimo Giovanni Battista, che porta il nome del nonno. Giovan Battista Romano, il boss di Borgo vecchio che, nei primi mesi del 1995, fu massacrato di botte, ucciso e poi sciolto nell’acido.
Tutti i protagonisti di questa vicenda, da un lato e dall’altro, gravitano nell’orbita di Cosa nostra. La vittima, infatti, è il figlio di Filippo Burgio, il cassiere del clan mafioso di Palermo, condannato a nove anni nell’operazione Hybris e accusato anche di avere gestito la posta del latitante Gianni Nicchi, ex reggente del mandamento di Pagliarelli.
Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, il diverbio iniziale sarebbe nato tra Burgio e il 29enne. Dopo diversi incontri chiarificatori, uno dei quali finito a pugni, gli attriti sembravano sopiti e, invece, sono riesplosi senza una ragione apparente tra i vicoli della Vucciria. Dopo l’ennesima discussione, sarebbe stato lo zio Matteo Romano a impugnare una pistola e sparare (almeno quattro colpi) contro Burgio. Il giovane avrebbe anche cercato di scappare ma sarebbe riuscito a percorrere solo poche decine di metri, prima di essere raggiunto da tre proiettili al torace e alle spalle. Portato in ospedale dagli amici con cui si trovava, è morto poco dopo. Un aiuto fondamentale per la ricostruzione della dinamica è arrivato agli agenti della squadra mobile dall’analisi dei filmati delle telecamere di sorveglianza della zona, per lo più dei locali che si trovano lungo la strada meta della movida cittadina.
La vittima aveva piccoli precedenti per guida senza patente, ma era sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga. Nel mondo delle sostanze stupefacenti e delle regole che Cosa nostra impone su quel business, sarebbe invece maturato il delitto di Davide Romano. Fratello di Matteo e Domenico ucciso nell’aprile del 2011, quando aveva 34 anni, con un colpo di pistola alla nuca e fatto trovare in mutande nel bagagliaio di un’auto rubata. Il 34enne era stato arrestato in diverse operazioni antimafia e condannato per mafia, estorsioni e droga. Quando venne ammazzato, era uscito dal carcere da appena un mese. Stando a quanto ricostruito dal collaboratore di giustizia Vito Galatolo, a ordinare l’uccisione di Davide Romano sarebbe stato il boss di Porta Nuova Calogero Lo Presti.