L'assoluzione per Davide Corallo è arrivata «per non avere commesso il fatto». Per le motivazioni bisognerà aspettare 30 giorni. «Poi valuteremo come agire», commenta a MeridioNews il legale di parte civile. Il difensore: «Gravi indizi di colpevolezza per altri»
Omicidio cuoco Lucifora, l’ex carabiniere è stato assolto L’avvocato: «Il suo Dna sul lavandino non si può datare»
È stato assolto con la formula «per non avere commesso il fatto» l’ex carabiniere Davide Corallo che era stato arrestato nel giugno del 2020 con l’accusa di avere ucciso il cuoco modicano Peppe Lucifora trovato morto a novembre del 2019 all’interno della sua casa nel quartiere Dente della cittadina del Ragusano. A decidere per l’assoluzione è stata la corte d’Assise di Siracusa che ha giudicato il 41enne con il rito abbreviato condizionato all’integrazione probatoria delle testimonianze di due professionisti: il medico legale Maurizio Saliva e il biologo ed ex comandante dei Ris di Parma, oggi in congedo, Luciano Garofano.
Corallo ha assistito alla sentenza collegato in videoconferenza dal carcere di Catania dove questa mattina è stato trasferito dall’istituto penitenziario di Caltagirone (nel Catanese) dove era detenuto. «Bisogna usare il verbo al passato – sottolinea a MeridioNews l’avvocato Pier Tomasello che lo difende – perché il giudice ha anche deciso la scarcerazione immediata per il mio assistito. Dagli atti dell’indagine – continua Tomasello – ero convinto che l’assoluzione sarebbe arrivata ma non potevo sapere come si sarebbe orientata la corte». L’ex militare si è sempre proclamato innocente ma l’elemento chiave della procura che aveva portato a una svolta e all’indagine a carico di Corallo – che era già in cima alla lista dei sospettati – era stata una sua traccia di Dna trovata dai Ris nel lavandino dell’abitazione della vittima.
«È una traccia mista di Corallo e di Lucifora – precisa il legale – di cui però abbiamo a disposizione solo una diagnosi generica che non ci indica di quale componente biologica si tratti». Insomma, gli esami effettuati dai Ris non sono arrivati a definire se sia sangue, saliva, sebo o altro. Inoltre, è stato accertato che non è possibile determinare l’arco temporale della traccia. «Nella nostra tesi difensiva – ricostruisce l’avvocato Tomasello – sia io che il generale Garofalo abbiamo ipotizzato che potrebbe trattarsi di una traccia lasciata per contaminazione proprio durante quel sopralluogo». Corallo ha ammesso di avere avuto delle frequentazioni con la vittima. Adesso, però, la sentenza – di cui le motivazioni si avranno entro trenta giorni – dice che non è stato lui l’ultima persona a vederlo. «Restano in campo – conclude il legale difensore – gravi indizi di colpevolezza anche nei confronti di altri soggetti rimasti ancora ignoti». Un caso ancora tutt’altro che chiuso. «La corte ha deciso per l’assoluzione, ma aspettiamo le motivazioni – commenta a questo giornale l’avvocato di parte civile Ignazio Galfo – per capire di conseguenza come agire». A un ricorso potrebbe pensare anche il pubblico ministero.
Picchiato e strangolato fino a provocare un soffocamento meccanico. Stando ai risultati dell’autopsia sul cadavere, Lucifora avrebbe provato a difendersi, come dimostrerebbero i segni delle percosse sul volto e la frattura della mandibola con spostamento dalla sede originaria. A non lasciargli scampo, però, sarebbe stata la stretta delle mani intorno al collo. Il cuoco era stato ritrovato dai vigili del fuoco, che avevano dovuto forzare la porte d’ingresso, seminudo e chiuso a chiave in camera da letto.