Omicidio Avola, l’ex suocera colpita con cinque coltellate Lanteri non ricorda aggressione. Legale: «È sotto shock»

Un colpo mortale ha reciso la carotide della donna, e non le ha dato tempo e modo di difendersi. Ma le coltellate inflitte dell’assassino di Loredana Lopiano, l’infermiera di 47 anni di Avola uccisa giovedì mattina nella sua abitazione dall’ex fidanzato di una delle due figlie, sono state cinque: alla guancia, al viso e alla nuca dove si è spezzata la lama quando, ormai, la vittima era già deceduta. È quanto emersa oggi, al termine dell’autopsia eseguita dal medico legale Corrado Cro, incaricato dal pubblico ministero Tommaso Pagano che coordina le indagini. 

Per l’omicidio la polizia ha fermato l’ex fidanzato della figlia più piccola della vittima, il 19enne Giuseppe Lanteriil cui arresto è stato convalidato oggi. Nel racconto che il giovane, resosi irreperibile per le prime ore dopo il delitto, ha fatto davanti al giudice per le indagini preliminari sono emersi dettagli nuovi rispetto all’interrogatorio reso dopo l’arresto. «Il giovane – spiega il suo legale Antonino Campisi, che era presente davanti al gip – ha specificato in modo più lineare alcuni passaggi già rivelati, ma in modo più confuso, durante l’interrogatorio la notte stessa dell’arresto». 

Lanteri ha raccontato di essersi appostato davanti casa della ex ragazza per chiarire alcuni aspetti sugli strascichi della fine della loro relazione, durata tre anni e finita lo scorso marzo. Il 19enne avrebbe avuto l’intenzione di ribadire di essersi rassegnato alla fine della relazione. «Non è ancora del tutto lucido – precisa l’avvocato – né pienamente cosciente, perché è ancora sotto shock. Ha raccontato del suo stato di nervosismo prima di andare a casa della famiglia della ex. Sul momento critico, invece, ha un vuoto totale: non ricorda di aver accoltellato l’ex suocera ma solo di averla vista direttamente a terra. Il giovane ha anche aggiunto – dice il legale – di avere visto la ex fidanzata scendere dalle scale quando la donna era già sul pavimento. La ragazza avrebbe avuto il cellulare in mano e lui vedendola le avrebbe solo detto “lascia stare“, prima di scappare per passare a casa della nonna a cambiarsi in parte i vestiti e poi nascondersi vicino al mare». 

Rimane rannicchiato sulla sedia mentre il giudice lo interroga, guarda nel vuoto, versa molte lacrime e prova a metabolizzare le domande prima di rispondere. È così che l’avvocato Campisi descrive il suo giovane assistito. «Spero lo aiutino gli educatori e gli psicologi in carcere – dice – anche perché ho presentato della documentazione medica in cui è accertato che il ragazzo è effetto da epilessia e anche da una patologia che ha gravi ripercussioni sulla sua memoria, in particolare nelle fasi precedenti un attacco epilettico. Insomma, in generale – dichiara il legale – la situazione psichica del ragazzo pare problematica. Ho già avanzato al giudice la richiesta di sostituzione della detenzione con gli arresti domiciliari, magari in una struttura specializzata. Chiederò – conclude – anche che venga fatta una perizia psichiatrica».


Dalla stessa categoria

I più letti

Giustizia per Emanuele Scieri

«Ricordate che in tutti i tempi ci sono stati tiranni e assassini e che, per un certo periodo, sono sembrati invincibili, ma alla fine, cadono sempre, sempre». È da un aforisma del mahatma Gandhi che ha preso spunto l’avvocata Alessandra Furnari nella sua discussione durante il processo per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri, il parà siracusano 26enne in servizio militare trovato cadavere nell’agosto del 1999 […]

«Una macchina di imbrogli e di sotterfugi manzoniana che si è sviluppata sull’esigenza di un costrutto che doveva raccontare un’altra versione dei fatti». Così il procuratore di Pisa Alessandro Crini ha definito la ricostruzione da parte dell’esercito di quanto accaduto all’interno della caserma Gamerra nell’agosto del 1999 nel corso della sua requisitoria a cui è […]

Catania archeologica, l`occasione mancata

In una nota protocollata al Comune etneo a metà gennaio l'associazione di piazza Federico di Svevia chiede di gestire il bene del XII secolo, abbandonato, per garantirne «a titolo gratuito e senza scopo di lucro, la fruibilità». Adesso interrotta dal cambio del lucchetto del cancello da cui vi si accede e dalle divergenze con uno degli abitanti, che risponde: «C'era il rischio per la pubblica incolumità»

I processi a Raffaele Lombardo