Oggi il voto all’Ars: a rischio di ‘inchiummativa’ per la legge ‘Antiparentopoli’. Dubbi pure sulla Tabella H ‘riveduta e corretta’

Oggi torna a riunirsi l’Assemblea regionale siciliana. All’ordine del giorno, due leggi: la cosiddetta ‘Antiparentoopoli’ e l’edizione ‘riveduta e corretta’ della Tabella H. Due leggi a rischio che potrebbero essere ‘bocciata’ da Sala d’Ercole. Proviamo a raccontare il perché.

In realtà, ad essere più a rischio d’Aula è la prima. Mentre la riedizione della Tabella potrebbe essere impugnata dall’ufficio del Commissario dello Stato.

La prima legge – la cosiddetta ‘Antiparentopoli’ – è, di per sé, un provvedimento legislativo piuttosto ‘scivoloso’, visto che procede sul filo dell’incostituzionalità. Il dibattito su questo disegno di legge è iniziato con propositi bellicosi, almeno da parte del Governo di Rosario Crocetta. Ma, strada facendo, è diventata una legge-tampone, molto raffazzonata, che affronta solo in minima parte problemi politici che, forse, dovrebbe essere la politica ad affrontare.

Sul piano generale, della corruzione si dovrebbe occupare lo Stato. Mentre l’Ars dovrebbe cimentarsi sulle possibili incompatibilità. Per volere del Governo – più per motivi legati a una sorta di concorrenza che il Megafono ha deciso di esercitare nei confronti del Pd – ci si è concentrati sulla formazione professionale.

Il nostro giornale è stato tra i primi a segnalare, già nel dicembre del 2011, la presenza di politici nel mondo della formazione professionale. Ma il problema è politico e non normativo.

Che senso ha – volendo citare un esempio – introdurre l’incompatibilità tra chi esercita un ruolo attivo nella formazione professionale e il ruolo di parlamentare di Sala d’Ercole, quando, poi, resterebbero parlamentari nazionale con interessi precisi in questo settore?

Lo ripetiamo: il problema è politico e non riguarda soltanto le fattispecie di incompatibilità individuate da un disegno di legge che sembra interessare più al presidente della Regione e al suo piccolo Movimento che non alla politica siciliana e alla Sicilia. Oltre alla formazione professionale la presenza di politici la si riscontra nell’acqua, nell’energia, nella gestione dei rifiuti (Confindustria Sicilia, per citare un altro esempio, ormai, più che occuparsi di imprenditoria, si occupa di politica: anzi, si comporta come una forza politica: controlla un assessorato regionale, importanti posti di sottogoverno e altro ancora: come mai nessuno si pone il problema dell’incompatibilità tra il ‘Partito’ di Confindustria Sicilia, che ormai è tale, e la gestione dei rifiuti in Sicilia?).

Ma, a parte i ‘buchi neri’ di questa discutibile e incompleta legge ci sono almeno altri due problemi.

Primo problema: siamo sicuri che questo testo raffazzonato, tirato di qua e di là, incompleto rispetti i criteri di ragionevolezza?

Secondo problema: la questione politica. Fino a che punto è razionale che il Parlamento, alla fine, intervenga su se stesso, cioè sugli eletti, per affrontare questioni che andrebbero risolte sul piano politico, dal momento che tutti, bene o male, siamo a conoscenza dei legami tra politica, formazione professionale, acqua, energia, rifiuti e chi più ne ha più ne metta? E’ normale che un Parlamento metta sotto accusa se stesso per fare una cortesia a un Governo che, avendo fallito su tutto, si vuole solo pavoneggiare a Ferragosto dicendo: “Il merito della legge Antiparentopoli è nostro”?

Non solo. Questa legge è ipocrita. Una legge che, se approvata, finirebbe col giustificare – nascondendolo – il gravissimo problema che si è creato in Sicilia con la mancata applicazione del decreto legislativo n. 39 di quest’anno.

In questo momento, in enti e società regionali si contano decine e decine di nomine illegittime. C’è una legge, entrata in vigore lo scorso maggio, che non viene applicata solo perché non fa comodo a chi governa e, forse, anche a qualche formazione politica.

Come al solito, buttando fumo negli occhi all’opinione pubblica, il Governo Crocetta cerca di far dimenticare le decine e decine di nomine illegittime di cui si è reso protagonista negli ultimi mesi, dall’Irfis alla Fondazione Orchestra sinfonica siciliana, fino all’Irsap.

Invece va ricordato con forza che i dirigenti regionali non possono essere nominati negli enti e nelle società che fanno capo alla stessa Regione. Lo ha stabilito, per l’appunto, il già citato decreto legislativo n. 39 di quest’anno. E’ inutile che i dirigenti regionali che hanno arraffato tali incarichi continuino a ‘cavillare’ dicendo: “Io faccio parte di questa branca dell’amministrazione regionale, quindi posso gestire l’incarico in un’altra branca dell’amministrazione regionale”.

Il decreto legislativo n. 39 non dice questo. Non è questa l’interpretazione. Il Governo regionale, se ha ancora dubbi, interpelli il Governo nazionale.

La seconda legge, ovvero la riedizione della Tabella H, non è meno incasinata della prima. A disposizione ci sarebbero 9 milioni di euro trovati qua e là. Di questi, oltre 5 milioni e mezzo dovrebbero andare a ciechi e sordi.

Per la cronaca, questo era l’intervento iniziale. Poi, a questo, si sono aggiunti altri soggetti. Il Governo, contro il parere degli uffici dell’Ars, avrebbe voluto arraffare altri 8-9 milioni di euro dai soldi destinati a pagare le rate dei mutui. Una ‘bacarata’ tipica di questo Governo pasticcione.

Il tentativo, maldestro, di arraffare impropriamente soldi da altri capitoli di bilancio è stato scongiurato. Ma i ‘clienti’ – cioè chi dovrebbe percepire i soldi – sono aumentati lo stesso. L’orientamento è quello di finanziare solo i soggetti istituiti per legge. Ma, si sa, l’Aula è sovrana.

Che significa questo? Che, al momento del voto, i parlamentari, a colpi di emendamenti, potrebbero inserire qualunque ente, o associazione, o fondazione. E a che titolo la presidenza dell’Ars dovrebbe dichiarare ‘irricevibili’ tali emendamenti? Sarebbe solo una forzatura. Anzi, una scorrettezza.

Il rischio è che l’Aula voti un provvedimento con importi maggiori di quelli disponibili. Rendendo obbligatoria l’impugnativa. Perché, infatti, si chiedono alcuni parlamentari – e per certi versi non hanno torto – alcuni soggetti dovrebbero essere finanziati e altri no? Non sarebbe stato più corretto, in questa fase, lasciare dentro – come, del resto era stato stabilito all’inizio – ciechi e sordi, rinviando a una legge organica gli interventi in favore della cultura?

Sarebbe stata, finalmente, l’occasione per distinguere tra chi fa cultura e chi fa altre cose. Che cosa hanno in comune, tanto per citare un esempio, l’Istituto Gramsci, che si occupa per davvero di cultura, con il Coppem e con il Cerisdi, che sono solo due carrozzoni mangiasoldi?

 


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