Il giudice per l'udienza preliminare ha sciolto la riserva, stabilendo di mandare a processo soltanto il direttore dei lavori dell'autorità portuale etnea. Escono di scena Riccardo Acernese e tre professionisti romani. Con la prescrizione del reato di falso resta viva l'ipotesi dell'abuso edilizio in zona sottoposta a vincolo
Nuova darsena, rinvio a giudizio per direttore Viviano Non luogo a procedere per ex presidente cda Tecnis
Sarà Pietro Viviano l’unico indagato che dovrà comparire a processo per i lavori di realizzazione della nuova darsena del porto di Catania. Il direttore dei lavori dell’autorità portuale etnea è stato rinviato a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare Sebastiano Di Giacomo Barbagallo. Per gli altri quattro indagati il togato ha emesso una sentenza di non luogo a procedere. A uscire così di scena è Riccardo Acernese, ex presidente del consiglio d’amministrazione del colosso degli appalti Tecnis, società che si è occupata dei lavori. Il colosso delle infrastrutture da mesi è al centro delle cronache giudiziarie dopo l’arresto per corruzione dei vertici Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice. Insieme ad Acernese vengono scagionati anche Franco Persio Bocchetto, Giuseppe Marfoli e Maria Cristina Pedri. Tre professionisti, originari di Roma, che si sono occupati degli studi tecnici per la costruzione, poi finiti sotto la lente d’ingrandimento della procura per la presunta alterazione della cartografia del torrente Aquicella.
Proprio il corso d’acqua che sfocia a mare è stato il nodo del contendere. Secondo l’accusa, la fase di progettazione e i successivi lavori sarebbero stati illegittimi a causa dell’errata localizzazione del torrente. Un presunto escamotage che avrebbe poi consentito di ottenere le autorizzazioni necessarie per proseguire con i cantieri fino all’inaugurazione, avvenuta in pompa magna, e con tanto di rottura di una bottiglia di champagne, nell’estate del 2015. In quell’occasione a prendere parte alla cerimonia era stato il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio.
Il giudice con la sua decisione ha sostanzialmente bocciato la linea della procura etnea. Durante l’ultima udienza a porte chiuse il magistrato applicato Massimiliano Rossi aveva lasciato a bocca aperta imputati e legali con le sue richieste. Il togato durante la requisitoria aveva chiesto l’avvenuta prescrizione per il reato di falso e di conseguenza la restituzione degli atti agli inquirenti per procedere alla citazione diretta in giudizio per l’ipotesi accusatoria di abuso edilizio in zona sottoposta a vincolo paesaggistico. Un possibile passo indietro che però non ha trovato l’approvazione del giudice etneo.
L’input decisivo all’inchiesta lo ha dato il comitato Porto del sole attraverso un esposto, firmato anche da altre realtà dell’associazionismo locale che però non hanno fatto richiesta di essere tra le parti civili. Ci saranno invece, dopo l’ammissione in udienza, le associazioni ProLegis, ConsItalia, Federazione siciliana armatori, Codacons e Pescatori marittimi professionali.
L’opera, costata svariate decine di milioni di euro, è lunga più di mille metri e ha come obiettivo quello di potenziare la ricettività del porto etneo. A gettare ulteriore benzina sul fuoco era stato un presunto cedimento della struttura, avvenuto qualche mese dopo l’inaugurazione. Il condizionale è d’obbligo perché, poco dopo, l’autorità portuale aveva convocato appositamente una conferenza stampa per smentire l’ipotesi crollo, parlando invece di un intervento programmato in vista di un collaudo. Un inghippo che era finito anche sul tavolo della procura per degli accertamenti.