No Muos, udienza rinviata a giugno per i 124 attivisti «Per il Viminale conta solo brutta figura con gli Usa»

«Dicono che le migliaia di persone che il 9 agosto 2013 e il 25 aprile 2014 sono entrate all’interno della base hanno leso l’immagine e il decoro delle istituzioni italiane. Cioè: per il ministero degli Interni conta solo la brutta figura con gli Stati Uniti: poi che il Muos sia illegale, illegittimo e potenzialmente dannoso per la popolazione non importa». Il commento di Daniela, una delle attiviste del movimento No Muos, giunge dopo il rinvio della prima udienza per 124 persone. Un maxiprocesso, come è stato definito, per il quale il ministero degli Interni – tramite il legale Giuseppe Laspina dell’Avvocatura dello Stato – ha confermato la volontà di volersi nuovamente costituire parte civile, come già avvenuto in un altro procedimento.

Un’udienza lunga tre ore – «il tempo necessario a fare l’appello», sorride l’avvocato Andrea D’Alessandro, uno dei legali del movimento No Muos – e sostanzialmente tecnica, in cui è stata constatata la regolarità delle notifiche. L’accusa per tutti i 124 imputati è la violazione dell’articolo 682 del codice penale, ovvero «l’ingresso arbitrario in luoghi, ove l’accesso è vietato nell’interesse militare dello Stato”»; per alcuni poi ci sono altri capi di imputazione (resistenza e violenza a pubblico ufficiale, danneggiamento e altri). La nuova udienza, con la quale si dovrebbe entrare nel vivo del dibattimento, sarà il 12 giugno 2018. Nessuno degli imputati ha chiesto riti alternativi.

Intanto gli attivisti No Muos guardano con interesse a un altro appuntamento con il Tribunale di Gela, in cui però questa volta sono presunta parte lesa. Il processo del 20 dicembre riguarda sette imputati, accusati di reati ambientali per la realizzazione del Muos: tra questi figura il dirigente della Regione Siciliana Giovanni Arnone, che ha firmato le due autorizzazioni del giugno del 2011 che hanno dato il via alla realizzazione dell’impianto satellitare statunitense all’interno della Sughereta di Niscemi. Con la riserva che già allora risultava un sito di interesse comunitario (Sic). Secondo la Procura di Caltagirone, che sostiene l’accusa, all’interno dei Sic vige il principio di inedificabilità assoluta (addirittura affianco la base militare americana sono numerosi i cartelli che indicano come sia «vietato prelevare la sabbia o qualsiasi altro materiale»).


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